Alle ore 10 di questa mattina a Brindisi, presso la banchina Montecatini, si sono concluse le operazioni di sbarco delle 105 persone soccorse durante l’ultima missione della nave Life Support nel Mediterraneo centrale. I superstiti scesi dalla nave sono 59 uomini, 16 donne – di cui una al settimo mese di gravidanza –, 24 minori non accompagnati e 6 minori accompagnati sotto i 10 anni. Le persone provengono da Paesi martoriati da conflitti armati, crisi climatica e insicurezza alimentare: Burkina Faso, Camerun, Chad, Costa d’Avorio, Eritrea, Gambia, Guinea Conakry, Mali, Mauritania, Nigeria, Sierra Leone, Sudan. Tutti i superstiti sono passati per la Libia, di cui portano un ricordo drammatico. Le operazioni di salvataggio si sono svolte nella notte tra il 6 e il 7 marzo e sono durate più di tre ore a causa delle cattive condizioni dell’imbarcazione sulla quale viaggiavano le persone soccorse: “Quando ci è arrivata la segnalazione da parte di Alarm Phone, l’imbarcazione in difficoltà era già in condizioni di estremo pericolo – riporta Emanuele Nannini, capo missione di ricerca e soccorso (SAR) della Life Support. “Temevamo di trovare casi di persone già in acqua, o annegate”. “Al momento del salvataggio, Emergency era l’unica ONG presente in quel tratto di mare – aggiunge Nannini –. Non sappiamo se in questi giorni ci siano stati naufragi fantasma, se altre imbarcazioni siano affondate prima di riuscire a chiedere aiuto o a segnalare la propria posizione. Meno navi umanitarie nel Mediterraneo, come effetto della conversione in legge del D.L. n. 1/2023 (decreto ONG) e della politica di assegnare porti lontani, significa meno soccorsi, potenzialmente più morti, ma anche meno testimoni dei naufragi che avvengono sulla rotta migratoria più letale al mondo”. La Life Support di Emergency – che ha a bordo 27 persone tra marittimi, medici, mediatori, soccorritori – è alla sua terza missione nel Mediterraneo centrale, e ha tratto in salvo 142 persone nella prima missione e 156 nella seconda.