Proteste lavoratori nel Sulcis: diocesi Ales-Terralba, “a repentaglio la tenuta sociale di un territorio che già attraversa lunghi decenni di crisi”

“Ancora una volta il nostro territorio si trova interessato da un grande disagio nel mondo del lavoro. Da più parti diversi segnali sembrerebbero paventare la drastica diminuzione o addirittura la chiusura della linea di trasformazione dei metalli nella sede della Portovesme srl a San Gavino Monreale, la nostra ‘Fonderia’. Ancora una volta oltre 150 famiglie (1.300 buste paga, considerando anche lo stabilimento di Portoscuso, tra dipendenti e indotto) temono di vedere andare in fumo lo stipendio mensile, il lavoro di una vita, la stabilità economica e sociale”. Comincia con queste parole il comunicato diffuso dalla Chiesa di Ales-Terralba, con l’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro e la Caritas diocesani.
“Non è messo a repentaglio soltanto il lavoro dei singoli, ma la tenuta sociale di un territorio che già attraversa lunghi decenni di crisi e che rischia di aggravare ulteriormente la situazione, giacché ormai da decenni è venuto a mancare tutto il grande comparto industriale legato al mondo delle miniere e all’industria pesante”. Il vescovo Roberto Carboni, a nome di tutta la Chiesa diocesana, esprime solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della Sede di San Gavino, e tiene alta l’attenzione e la partecipazione sugli sviluppi di questi giorni, che certamente non fanno presagire nulla di buono.
“Insieme agli altri attori politici, sindacali e sociali, si chiede chiarezza: chiarezza – viene spiegato – da parte della dirigenza dell’Azienda, chiarezza da parte del ministero dello Sviluppo economico, chiarezza da parte della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna. Chiediamo che ognuno faccia la propria parte, che si trovino alternative alla chiusura paventata, che si stabiliscano percorsi di crescita aziendale e non di dismissione, anche attraverso politiche volte al miglioramento delle condizioni di produzione e acquisto dell’energia elettrica, ma che non si mettano in discussione i posti di lavoro, i quali, lo ricordiamo, sono padri e madri di famiglia, sono giovani che cercano una prospettiva pur rimanendo nel proprio territorio, sono lavoratori dell’indotto legato all’industria”.
“Noi – conclude il comunicato – continuiamo ad opporci alla logica del profitto a tutti i costi e chiediamo interventi concreti che non sminuiscano le persone coinvolte ad essere solo dei ‘pezzetti’ in un ingranaggio e non persone con la propria dignità. Con essi e con tutti coloro che cercano strade alternative, siamo solidali e continueremo ad esserlo”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa