(Praga) “Il Sinodo non è fatto per distruggere le distinzioni, per distruggere l’identità cattolica. Non è fatto per spazzare via le distinzioni. Piuttosto, è fatto per sostenere le distinzioni, per comprendere il Vangelo e ciò che rende la Chiesa cattolica veramente una, santa, cattolica e apostolica”. Lo ha detto ieri sera il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, nell’omelia pronunciata alla Santa Messa che è stata celebrata in una Cattedrale strapiena di persone, in diretta tv. Tra i banchi ci sono anche i circa 200 delegati rappresentanti di 39 Conferenze Episcopali di 45 nazioni di Europa arrivati qui per la Tappa Continentale europea dell’Assemblea Sinodale. Riuniti da domenica 5 febbraio, hanno lavorato fino a ieri sera, in gruppo e in plenaria, condividendo le riflessioni che si stanno animando nelle singole conferenze episcopali, e confrontandosi sui grandi temi che stanno a cuore della chiese in Europa. I lavori sono arrivati ormai a conclusione e porteranno oggi alla elaborazione di un Documento Finale.
Segno che , la discussione, in questi giorni, è stata animata, è la presenza fuori dalla cattedrale di un gruppetto di persone con uno striscione giallo e lo slogan in inglese: “Equality for women, laity, lgbtq+, married, all”. “Quante volte – ha detto il card. Grech in cattedrale – questo Sinodo è stato dipinto come una battaglia dei conservatori contro i liberali. Quante volte è stato letto come una contrapposizione tra Occidente e Oriente, Tra nord e Sud”. “Quante volte abbiamo sentito dire che questo Sinodo dovrebbe essere aperto al cambiamento e che dovrebbe attenuare la distinzione tra ciò che è all’interno della tradizione cattolica e ciò che ne è fuori”. Ma, ha osservato Grech, la distinzione può essere compresa a fondo solo “all’interno di una relazione”. Ed ha spiegato: “l’unità della Chiesa può essere compresa solo in relazione alla diversità. La sua santità solo in relazione a ciò che è corrotto. La sua universalità in relazione a ciò che è particolare. E questa non è mai una relazione statica, bensì dinamica”.
“E’ in questo modo – ha concluso il segretario generale del Sinodo – che intendo e che guardo, con speranza, al Sinodo sulla sinodalità. Che il nostro sforzo nond iventi un esercizio di distinzione tra chi è dentro e chi è fuori. In altre parole, una distinzione senza relazione che alla fine non porta da nessuna parte”.