Il “punto di arrivo di un cammino iniziato alcuni anni fa, che ci aveva visti riuniti a Roma nel 2019, con le autorità sud sudanesi, per assumere l’impegno di superare il conflitto e costruire la pace”. Così il Papa, durante l’udienza di oggi in Aula Paolo VI, ha definito la seconda parte del suo viaggio apostolico, svoltasi in Sud Sudan insiene all’arcivescovo di Canterbury e primate della chiesa anglicana, Justin Welby, e al moderatore della chiesa di Scozia, Iain Greenshields. “Durante il 2019 si è fatto un ritiro spirituale qui in Curia di due giorni – ha ricordato Francesco a braccio – con tutta questa gente, alcuni nemici tra loro, e questo ha dato forza per andare avanti”. “Purtroppo il processo di riconciliazione non è avanzato tanto e il neonato Sud Sudan è vittima della vecchia logica del potere e della rivalità, che produce guerra, violenze, profughi e sfollati interni”, ha denunciato il Papa. “Questo è vergognoso”, ha proseguito a braccio: “tanti paesi civilizzati offrono aiuto al Sud Sudan, e l’aiuto consiste in armi per aumentare la guerra, e questo è una vergogna”. Poi il riferimento al momento di preghiera “celebrato insieme con i fratelli anglicani e quelli della Chiesa di Scozia”: “In una realtà fortemente conflittuale come quella sud sudanese questo segno è fondamentale, e non è scontato, perché purtroppo c’è chi abusa del nome di Dio per giustificare violenze e soprusi”, ha commentato Francesco.