“Sono già più di 300 le persone accolte e aiutate dai Salesiani, dai collaboratori e da tutta la Famiglia salesiana di Aleppo. Stiamo cercando di fare il possibile, nonostante le sfide e le difficoltà. Questo, in Siria, è un periodo particolarmente freddo e l’inverno è rigido. Nevica, manca la corrente e mancano i combustibili. La popolazione sta vivendo davvero un momento difficile”. Don Pier Jabloyan è il delegato ispettoriale di Mor (Medio Oriente) per la comunicazione sociale e all’agenzia salesiana Ans traccia il bilancio della drammatica situazione nella città siriana dopo le scosse del 6 febbraio. “Il terremoto è durato tantissimo, quasi un minuto – spiega –. In Siria, le conseguenze più gravi hanno riguardato soprattutto la città di Aleppo. Abbiamo appreso che centinaia di palazzi sono crollati e che il numero dei morti continua costantemente ad aumentare. La popolazione è disperata e terrorizzata all’idea che si possano verificare nuove, forti scosse di assestamento. In tanti, poi, hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, rese insicure dalle crepe e dai pesanti danneggiamenti provocati dal sisma. Nella città ci sono centinaia di persone che non sanno dove andare e non hanno un posto dove dormire. Noi salesiani abbiamo aperto le nostre porte e accolto tutti coloro che ne hanno bisogno”. “Speriamo che il Signore, con l’aiuto di tanta gente di buona volontà, possa sollevare il peso di tanta distruzione e tanta povertà che ormai è in Siria da anni”, dice don Jabloyan. “Il terremoto è stato avvertito molto forte e a lungo”, spiega a sua volta don Alejandro León, superiore dell’Ispettoria salesiana del Medio Oriente, da Kafroun, vicino a Homs e al confine libanese. “Le nostre opere ad Aleppo hanno subito lievi danni, crepe e alcuni vetri rotti, ma sia i salesiani, sia le persone che assistiamo nelle vicinanze stanno bene, nonostante la scossa”. Quando è stato avvertito il sisma, “alcune famiglie si sono rifugiate nella nostra casa di Aleppo – prosegue –. Sono arrivati con solo i vestiti che avevano addosso e noi abbiamo fornito loro abiti caldi e cibo. Le loro case non sono in buone condizioni a causa della guerra e con noi si sentono più sicuri”. “Non sappiamo ancora come ci organizzeremo, ma tra il freddo, la neve e la situazione di molti edifici dopo quasi 12 anni di guerra, la popolazione ha bisogno di aiuto urgente. Sappiamo che ci sono molti morti e che molti edifici sono crollati, quindi nei limiti delle nostre possibilità offriremo riparo, accompagnamento e aiuti di emergenza, con tutti i beni di prima necessità che possiamo offrire in questi primi momenti”, conclude don León.