“Fate questo, fatelo, fallo in memoria di me”. “Fare cosa? Un rito? Possibile che il Maestro si riferisse a questo o piuttosto per Lui l’Eucarestia racchiudeva e racchiude l’essenza della vita autentica, l’unica bellezza veramente possibile, la formula di un’esistenza piena e libera perché fondata sull’amore, su quell’amore capace di trasformare il male in bene, la morte in vita?”: se lo chiede l’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, in una lettera aperta scritta in occasione del 35° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 6 febbraio 1988.
“Quante volte come prete, fratelli e sorelle mie, ho subito la tentazione di voltarmi dall’altra parte, di salvare la quiete personale convincendomi che i problemi del mondo non fossero i miei, e che seppure lo fossero stati avrei potuto fare poco o nulla per risolverli – ammette il presule -. Quante volte ho avuto voglia di credere che quel ‘fate questo in memoria di me’ si fosse adempiuto nella mia vita con la celebrazione della Messa, senza bisogno che la forza di questo sacramento straripasse nelle scelte quotidiane come in quelle importanti, decisive! Quante volte avrei voluto rifugiarmi tra le mura rassicuranti della mia casa o della mia chiesa, ma ogni volta le parole di un profeta così importante per il mio sacerdozio mi hanno stanato dalle mie fughe: ‘L’Eucarestia non tollera la sedentarietà’, disse don Tonino”. E così anche ieri, nell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale, prosegue mons. Battaglia, “ho rinunciato alla sedentarietà, mi sono alzato e messo in cammino per arrivare al mare. A quel mare che bagna la nostra città e in cui un gruppo di samaritani, esperti nel cavalcare le onde del Mediterraneo come quelle della sofferenza umana, è approdato insieme a uomini e donne, madri e bambini scappati dalla fame, dalla povertà, dalla guerra per chiedere accoglienza e nuove possibilità di vita”. L’arcivescovo confessa: “Sapete, a un certo punto mi sono accorto di non aver interrotto l’adorazione e che il Cristo che mi parlava dall’Eucarestia era lo stesso che attraverso quei volti sofferenti che chiedevano giustizia e pace mi parlava al cuore, chiedendomi ancora una volta: ama, donati fino in fondo, senza riserve e fallo in memoria di me! E quando un bambino in braccio a sua madre mi ha dato la mano nel tentativo di afferrare la mia mi è parso di ascoltare nel cuore la voce del Signore: non sarai solo, ti darò io stesso una mano attraverso i piccoli e i poveri, gli emarginati e gli esclusi che incontrerai sul tuo cammino”.