Chi sono le missionarie? Donne che vanno oltre, che “partono verso orizzonti lontani e luoghi remoti in cui vivono e, spesso, muoiono da
martiri, nel senso di testimoni. E quelle che, ‘senza battello’, oltrepassano frontiere culturali, sociali e spirituali per raggiungere l’altro”. E’ dedicato alle missionarie il numero di febbraio di Donne Chiesa Mondo, mensile femminile de L’Osservatore Romano. Come ricorda papa Francesco nel messaggio per la scorsa Giornata missionaria mondiale, la Chiesa di Cristo era, è e sarà sempre “in uscita” verso “i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane ‘di confine’”. In questo senso, la missione sarà sempre anche missio ad gentes. “Non è possibile tracciare un identikit rigido delle missionarie – scrive Lucia Capuzzi nell’editoriale – poiché la parola ‘missione’ ingloba un contenuto plurale, multidimensionale, policromo”. Nell’Ottocento avviene il boom missionario che, riferito al mandato
di convertire la popolazione e edificare una comunità ecclesiale si esprime in una formula che, annota Capuzzi,” paradossalmente, esclude le donne. Eppure, proprio questo periodo, vede il fiorire di straordinarie figure: le grandi suore missionarie, da Francesca Saverio Cabrini, apostola dei migranti, a Laura Montoya, pioniera della difesa degli indigeni amazzonici. Donne che sono andate oltre in molti sensi, inclusi i pregiudizi nei propri confronti”. E ancora, tra le tante, Maria Caspio, Luigia Zago e Isabella Zadrich, che nel 1872 danno vita al nucleo originario di quello che poi sarà il primo Istituto femminile esclusivamente missionario nato in Italia: le Pie madri della Nigrizia, e Regina, Mary, Veronika, le suore uccise in Sud Sudan.