Giornata per la vita: Casini (Mpv), “morte provocata non è la soluzione, ma una sconfitta”

“La morte provocata non è la soluzione, ma una sconfitta, perché significa sottrarre sé stessi o sottrarre l’altro alla relazione che ci caratterizza strutturalmente; significa rifiutare e recidere il legame di fratellanza che è il timbro della nostra umanità. Certamente, la morte – insieme all’uguale dignità di ogni vita umana – è il nostro comune denominatore, e dunque va accettata e accolta, ma cagionarla e sceglierla e tutta un’altra cosa: sono due piani, due logiche, due prospettive completamente diversi”. È quanto ribadisce Marina Casini, presidente del Movimento per la vita (Mpv) italiano, nel suo editoriale intitolato “Il Vangelo della vita” pubblicato su Vita Pastorale in occasione della 45ª Giornata per la vita che si celebra ogni prima domenica di febbraio. “Ma anche laddove la tentazione di trovare una via d’uscita nella morte dovesse prendere il sopravvento – sottolinea Casini – la misericordia non deve mai venire meno: quella tentazione è un appello a tutta la società affinché prevenga situazioni di abbandono, disperazione e solitudine, mettendo in campo tutte le risorse della solidarietà e della condivisione per la vita e per la cura. La ‘soluzione morte’ di uno è una disfatta per tutti. Quando il figlio è nel grembo della mamma, l’opzione morte – programmata, organizzata, offerta dalla comunità – è particolarmente drammatica, perché colpisce la sorgente di ogni prossimità, il fulcro e il modello di ogni accoglienza”. Riferendosi al messaggio dei vescovi italiani per la Giornata per la vita, la presidente del Mpv ricorda “tutte le altre soluzioni di morte: eutanasia, suicidio assistito, suicidio tout court, omicidi tra le mura domestiche, rifiuto di soccorrere chi fugge dai conflitti o dalla miseria, violenza distruttiva della guerra. Spezzare – ribadisce – il primo vincolo di solidarietà per la vita che è quello che unisce madre e bambino nella gravidanza, significa aprire le porte alla soluzione morte anche in altri ambiti. Così come sostenere la vita che inizia, prendersi cura della mamma che culla il figlio in seno, non è qualcosa che riguarda soltanto la vita nascente, ma tutta la vita, specialmente quella più fragile e quella più inerme, perché ci pone nella prospettiva in cui si illumina tutto il panorama dell’umano, la società, le relazioni tra gli uomini, la struttura del vivere insieme”. Per contrastare questa “cultura di morte” è necessario “un gioioso e costante impegno per diffondere e promuovere la cultura della vita e costruire tutti insieme la civiltà della verità e dell’amore: il nuovo umanesimo”. Punto di partenza è “la cultura della vita” che “nasce dallo sguardo che riconosce l’altro nel suo mistero di bene sempre e comunque prezioso. È uno sguardo che la fede in Gesù crocifisso e risorto rafforza e intensifica, ma è uno sguardo prima di tutto della ragione: ciò che la ragione intuisce, la fede rivela. Lo sguardo può essere totale solo se accettiamo di misurarci fino in fondo con la più estrema delle ultimità: quella degli uomini non ancora nati, senza volto e senza nome, più di tutti vittime della cultura di morte”. Si tratta, in conclusione, “di aderire sempre più intimamente “Vangelo della vita. Ci troviamo in mezzo a uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la cultura della morte e la cultura della vita: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l’ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita. È questo – conclude Casini – l’invito che oggi la Chiesa rinnova con passione e coraggio, affinché la Giornata per la vita non sia solo un giorno ma un cammino che ci unisce sempre”.

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