Ucraina: mons. Pezzi (Mosca), “la pace non va preparata con le armi ma con la conversione dei cuori”

“In questo tempo di Quaresima che cominciamo, ci sia la possibilità di comprendere che la Croce non è uno scandalo, che l’apparente sconfitta è in realtà una vittoria per tutta l’umanità, che la pace non va preparata con le armi ma va preparata con la conversione dei cuori”. È l’auspicio che, ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca e presidente dei vescovi russi, formula rivolgendosi, un’intervista al Sir, a tutti i leader politici mondiali, ai presidenti dell’Ucraina e della Federazione Russa ma anche ad Unione europea e Stati Uniti. “È triste – dice – dover ‘celebrare’ questi anniversari. È triste perché il cambiamento che certamente c’è stato, non va nella direzione che già Romano Guardini suggeriva e cioè quella di incrementare la civiltà della verità e dell’amore. Non mi sembra che in questo anno abbiamo fatto grandi passi in questa direzione”. “La via delle armi – aggiunge – purtroppo è quella più consona al cuore malato di odio, di rivendicazione, di pretesa, di potere. E questo cuore deve essere liberato, deve essere sanato”. “La via da percorrere perché possa esserci una chance per la pace – osserva l’arcivescovo – è innanzitutto quella di riconoscere la propria umanità e la propria inclinazione al male non necessariamente come un segno di debolezza ma al contrario come il riconoscimento che da soli e puntando solo su noi stessi non facciamo che allargare il male mentre invece rivolgendoci a Colui che ha vinto il Male, possiamo realmente costruire qualcosa di buono per tutti”. Alla domanda sul ruolo che in questo anno di guerra, hanno avuto e possono avere il Papa e la diplomazia vaticana, l’arcivescovo risponde: “sono enormi non solo su un piano spirituale ma anche su un piano storico. Per una semplice ragione: oggi il Papa e il Vaticano sono l’unica realtà credibile, soprattutto nei conflitti. Lo abbiamo già visto, in Medio Oriente, in Africa, anche in Asia. E quindi questo ruolo è decisivo. A questo va aggiunto che c’è una stima verso il Papa e la diplomazia vaticana il cui impegno non è visto come una forma di scaltrezza ma come una sincerità volta a raggiungere degli scopi, in questo caso, la pace, che almeno nella convinzione del Papa, è un bene per tutti”.

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