L’elemosina, la preghiera e il digiuno non sono “riti esteriori, ma gesti che devono esprimere un rinnovamento del cuore”. Ne è convinto il Papa, che al termine dell’omelia della Messa delel Ceneri, presieduta nella basilica di Santa Sabina, ha commentato le tre tradizionali pratiche quaresimali. “L’elemosina non è un gesto rapido per pulirsi la coscienza, un bilanciare un pò lo squilibrio interiore, ma un toccare con le proprie mani e con le proprie lacrime le sofferenze dei poveri”, ha affermato: “la preghiera non è ritualità, ma dialogo di verità e amore con il Padre; il digiuno non è un semplice fioretto, ma un gesto forte per ricordare al nostro cuore ciò che conta e ciò che passa”. “Ai gesti esteriori deve sempre corrispondere la sincerità dell’animo e la coerenza delle opere”, ha poi detto citando Benedetto XVI: “A che serve infatti lacerarsi le vesti, se il cuore rimane lontano dal Signore, cioè dal bene e dalla giustizia?”. “Troppe volte, invece, i nostri gesti e riti non toccano la vita, non fanno verità”, il monito di Francesco: “magari li compiamo solo per farci ammirare dagli altri, per ricevere l’applauso, per prenderci il merito”. “Ricordiamoci questo: nella vita personale, come nella vita della Chiesa, non contano l’esteriorità, non contano i giudizi umani e il gradimento del mondo; conta solo lo sguardo di Dio, che vi legge l’amore e la verità”, la raccomandazione del Papa: “Se ci poniamo umilmente sotto il suo sguardo, allora l’elemosina, la preghiera e il digiuno non rimangono gesti esteriori, ma esprimono chi siamo veramente: figli di Dio e fratelli tra di noi. L’elemosina, la carità, manifesterà la nostra compassione per chi è nel bisogno, ci aiuterà a ritornare agli altri; la preghiera darà voce al nostro intimo desiderio di incontrare il Padre, facendoci ritornare a lui; il digiuno sarà la palestra spirituale per rinunciare con gioia a ciò che è superfluo e ci appesantisce, per diventare interiormente più liberi e ritornare alla verità di noi stessi. Incontro con il padre, libertà interiore, compassione”. “Chiniamo il capo, riceviamo le ceneri, rendiamo leggero il cuore”, l’invito finale: “Mettiamoci in cammino nella carità: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ricordarci che il mondo non va rinchiuso nei confini angusti dei nostri bisogni personali e riscoprire la gioia non nelle cose da accumulare, ma nella cura di chi si trova nel bisogno e nell’afflizione. Mettiamoci in cammino nella preghiera: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ridare a Dio il primato nella vita, per rimetterci a dialogare con lui con tutto il cuore, non nei ritagli di tempo. Mettiamoci in cammino nel digiuno: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ritrovarci, per arginare la dittatura delle agende sempre piene di cose da fare, le pretese di un ego sempre più superficiale e ingombrante, e scegliere ciò che conta. Non disperdiamo la grazia di questo tempo santo: fissiamo il Crocifisso e camminiamo, rispondiamo con generosità ai richiami forti della Quaresima. Al termine del tragitto incontreremo con più gioia il Signore della vita, l’unico che ci farà risorgere dalle nostre ceneri”.