“A quanti cercano consenso e quindi affermazione di sé in questo mondo”, Gesù “contrappone la scelta di affidarsi al dono del Padre nel suo regno eterno. Non si pensi però che lo sguardo alle realtà eterne ci esoneri dall’impegno nel mondo. Al contrario, quello sguardo permette di misurare le cose e gli eventi nel loro giusto valore e impedisce quindi di restare schiacciati dai fatti, sempre aperti invece alla speranza. Ne abbiamo bisogno a fronte delle tragedie che segnano i nostri giorni, guerre e calamità, e della pesantezza di una quotidianità che ci fa dubitare che si possa portare un po’ più di giustizia e di fraternità, e quindi di gioia, tra noi”. Lo ha affermato questa sera l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia pronunciata durante la messa per il Mercoledì delle Ceneri che ha presieduto in cattedrale.
“Credere – che è l’obiettivo essenziale di un cammino di conversione, come quello che oggi vogliamo iniziare – significa uscire da una vita centrata su sé stessi ma anche da una vita che si disperde in una rete di contatti sociali in cui si cerca approvazione e gradimento”, ha osservato il porporato, evidenziando che “solo orientandosi totalmente verso Dio l’uomo può salvarsi dall’annientare sé stesso in un narcisismo senza rimedio. Aprirsi a Dio significa trovare davvero sé stessi, perché solo lui è la misura della nostra esistenza, e solo nell’adesione a lui sta il senso di una vita veramente umana”. “La strada che Gesù indica per fare di Dio la misura della nostra esistenza – ha proseguito – è la conquista della dimensione interiore. Solo se raggiungiamo l’intimo di noi stessi, dove non possiamo nasconderci alla nostra verità e ci liberiamo dalle finzioni con cui ci mascheriamo di fronte al mondo, troviamo lo spazio di Dio”. “Nello spazio di verità che è il silenzio interiore germina l’autenticità dei nostri gesti religiosi”, ha rilevato Betori, ricordando che “Gesù guarda anzitutto al gesto dell’elemosina”. “L’apertura dei cuori alla solidarietà umana, per Gesù, è un gesto che va purificato nelle modalità e nelle intenzioni”, ha spiegato, richiamando all’“autentica carità, cui siamo chiamati anche in questa Quaresima, seguendo le sollecitazioni della nostra Caritas diocesana, che quest’anno chiama anzitutto a ‘sostenere le popolazioni colpite dal terremoto in Turchia e in Siria’, la gente affidata alla cura pastorale del nostro caro mons. Paolo Bizzeti, e inoltre, a livello locale, ci chiede di ‘sostenere iniziative volte al sostegno delle famiglie per contrastare la povertà educativa’”. “Lo stesso orientamento a Dio – ha continuato l’arcivescovo –, Gesù lo chiede nell’esercizio della preghiera, perché anche nella preghiera può annidarsi la tentazione di utilizzare la pratica religiosa per un’affermazione di sé”. “Invito me e tutti voi – l’esortazione – a nutrire il cammino di questa Quaresima di una preghiera intensa, di ascolto della parola di Dio, di partecipazione viva alla vita sacramentale, là dove la preghiera attinge il suo vertice nella presenza efficace della grazia divina, di momenti di silenzio e contemplazione”. “Infine, Gesù mette a fuoco la pratica del digiuno”, ha sottolineato Betori: “L’imposizione del limite, al cibo o a qualsiasi altro bene corporale, significa riconoscere che siamo creature e che la nostra esistenza non è nelle nostre mani ma in quelle del Creatore. Significa anche riconoscere che noi non siamo le cose che possediamo, quelle di cui ci nutriamo, i beni che circondano le nostre giornate. Noi siamo più delle cose, perché noi siamo figli di Dio”.