“Preghiamo affinché il Signore ascolti la voce del sangue che grida dalla terra ucraina verso i cieli. Chiediamo che il mondo non chiuda gli occhi di fronte alle piaghe e alle sofferenze del popolo ucraino”. È l’appello lanciato questa mattina da S.B. Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore dei greco-cattolici ucraini, ad un anno dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala che ricorrerà il 24 febbraio. Parlando in collegamento via Zoom ad un gruppo di giornalisti italiani, Sua Beatitudine ha detto: “Chiediamo anche che il mondo non si stanchi di questo tema. Spesso il dolore della guerra sparisce dai giornali. Non fa più notizia. Lo stesso è accaduto nel 2014 quando è iniziata l’invasione russa. La verità è sempre la prima vittima della guerra. Noi siamo stati chiamati come discepoli di Cristo a testimoniare la verità, anche quando è difficile, dolorosa e crudele. Speriamo che il grido del nostro popolo non sia dimenticato e che coloro che ci ascoltano, non rimangano indifferenti perché abbiamo sperimentato che la menzogna e l’indifferenza veramente uccidono, anzi portano ad un genocidio”. L’arcivescovo maggiore di Kiev ha fatto anche il “punto” del servizio che in questo anno di guerra ha svolto la Chiesa. “Ogni nostra parrocchia è diventata un centro di servizio sociale. Sono orgoglioso dei miei vescovi e sacerdoti, monaci e monache” anche se “si sentono demoralizzati per i funerali senza fine di vittime civili e militari che celebrano. Ma la Chiesa oggi è una piccola luce di speranza. Questa solidarietà cristiana, questo amore e questo affidamento totale al Signore, ci donano oggi la possibilità di sperare”. Il 17% del territorio ucraino è stato occupato e in quelle terre non c’è nessun prete cattolico. Alcuni sono stati cacciati via, altri sono stati addirittura imprigionati. Shevchuk parla degli “eroici padri redentoristi”, padre Ivan Levytskyi e padre Bohdan Heleta, arrestati il 16 novembre scorso, nella città di Berdyansk. “Da 100 giorni – dice – sono sottoposti a torture quotidiane. Nessun negoziato, nessuna diplomazia, nessun strumento di dialogo sono stati capaci di alleviare i dolori di questi due sacerdoti. Il dolore cresce”. Nella “lista” delle ferite che questa guerra ha inferto alla Chiesa greco-cattolica ci sono anche il sacerdote e la suora dell’esarcato di Kharkiv che sono stati gravemente feriti mentre portavano aiuti umanitari. Una comunità del Verbo incarnato vive in una città occupata. “Non posso dire dove perché ciò potrebbe mettere a rischio la loro vita”. Non possono esercitare il loro ministero. Vivono in maniera clandestina “ma stanno lì e pregano”. 17 sono le chiese greco-cattoliche danneggiate e distrutte e molte sono state abbandonate nei territori occupati. Anche nella cattedrale di Donetsk, dopo le celebrazioni del Natale e dell’Epifania, da metà gennaio, non c’è più nessuno.