“Beati i costruttori di guerra?”: è il titolo del Convegno Mondialità 2023 che si terrà sabato 18 febbraio, dalle 9.30 alle 13, all’Istituto dei ciechi (via Vivaio 7) a Milano, promosso da Caritas Ambrosiana insieme agli uffici per la Pastorale migranti e per la Pastorale missionaria della diocesi. “L’iniziativa – chiarisce un comunicato – si propone di celebrare il 60° anniversario dell’enciclica Pacem in terris (pubblicata l’11 aprile 1963), evidenziando l’attualità dei principi indicati da Papa Giovanni XXIII”. Dopo il saluto introduttivo di mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, interverranno padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, e Sandro Calvani, già funzionario italiano all’Onu. Seguirà una tavola rotonda con padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano in Repubblica Centrafricana, Marta Aspesi, operatrice ad Haiti con Luisa Dell’Orto, la suora lecchese uccisa lo scorso giugno nella capitale caraibica dove era in missione da vent’anni, e Francesca Benigno, desk officer di New Humanity International in Myanmar. Il saluto conclusivo sarà affidato all’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini. A moderare l’incontro Luicia Capuzzi, giornalista di “Avvenire”.
“Siamo interessati – osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana – anzitutto a decodificare gli scenari odierni, per aggiornare e rilanciare la cultura e il pensiero di pace e non violenza, patrimonio della storia di Caritas Ambrosiana. Intendiamo inoltre calibrare sempre meglio le azioni di pace che svolgiamo e sosteniamo in tanti luoghi di conflitto nel mondo, per provare a gettare semi di fraternità e creare condizioni di convivenza e di riconciliazione durature, capaci di frutti concreti per la vita e il futuro di tante persone e tante comunità”.
Spiega don Alberto Vitali, responsabile della Pastorale dei migranti: “un convegno non tanto per celebrare bensì per stimolare a rileggere la Pacem in terris, una enciclica che, a distanza di sessant’anni, mantiene tutta la sua vitalità perché capace di generare futuro. Non contiene infatti solo la famosa condanna della guerra che tutti ripetono, ma offre anzitutto un metodo di costruzione della pace, basato sulla reciprocità dei diritti e dei doveri propri della natura delle persone e della comunità. E indica percorsi di stabilità nell’intreccio delle relazioni sociali e delle istituzioni politiche”.