“Abbiamo bisogno che questa vostra attenzione continui anche nei prossimi mesi, perché questa emergenza non finirà in poco tempo. Qui c’è una emergenza e una precarietà che avranno bisogno di un anno o forse due per essere superate. Mi spaventa quando l’attenzione mediatica si sposta. Qui tutto è crollato, tutto è rovinato, tutte le infrastrutture sono venute giù, le strade sono spaccate, la gente è senza casa. Più di 3mila bambini in Turchia sono senza genitori. Non so come riusciremo a riprendere la vita. Ce la potremo fare solo con l’aiuto di Dio e l’aiuto di tutti”. A parlare da Iskenderun, una delle città turche più colpite dal terremoto, è padre Antuan Ilgit, vicario generale del Vicariato Apostolico dell’Anatolia. “In questo momento – dice al Sir – abbiamo l’elettricità e grazie a questo funzionano le comunicazioni wifi. Ma non abbiamo né gas nè acqua potabile. I rubinetti dell’acqua non funzionano”. Fin dalle primissime scosse del 6 febbraio, Caritas Anatolia che già prima del terremoto lavorava per i poveri e i rifugiati, si è subito attivata ed oggi riesce non solo a dar da mangiare a circa un centinaio di persone ospitate nel refettorio del vicariato di Iskenderun, ma anche a distribuire 1.000 pasti al giorno. “Stiamo facendo con il nostro vescovo mons. Paolo Bizzeti e padre John Farhad Sadredin, direttore di Caritas Anatolia, un lavoro di squadra. Siamo ricevendo tanti aiuti e ringraziamo tutti. Questo mi dà tanta speranza. Fin da primo giorno ho utilizzato l’immagine delle pietre vive. La cattedrale è crollata ma sono rimaste le pietre vive. Hanno perso tutto, la casa, familiari e amici ma nonostante ciò, nessuno pensa a sé stesso ma collabora per aiutare gli altri. Queste pietre vive che sono rimaste, saranno la via per ricostruire il nostro futuro”. Per fortuna, nella città di Iskenderun non fa molto freddo. C’è sole e una media di 7 gradi. Le previsioni dicono che per tutta la settimana sarà così “e questo aiuta”, dice il gesuita, “anche se di notte la temperatura scende e per la gente che vive per la strada, è difficile. Tante case sono infatti inagibili e possono crollare da un momento all’altro. “Le scosse continuano”, racconta padre Antuan che subito assicura: “Come un capitano che non può lasciare la propria nave, anche noi ora non possiamo lasciare questa gente. Siamo qui. Siamo stanchi ma rimaniamo. Il Signore ci dà forza e ci aiuta. Anche il papa ci sta seguendo da molto vicino, ci sta accanto e ci fa sentire la sua presenza. E’ una vicinanza che ci fa capire che non siamo soli e che siamo in comunione con tutta la Chiesa”.