Nel prestare assistenza agli ammalati “certamente si dà tanto”, “ma molto di più, il centuplo, è quello che si riceve. Lo stare vicino agli ammalati ‘ridimensiona tante paturnie’, fa capire cosa è veramente importante. Aiutare a portare i pesi gli uni degli altri, parlare bene reciprocamente fa sentire che il Signore è vicino e consola. È un’indispensabile alleanza di carità questo dare e ricevere; questi incontri favoriscono sentimenti di vicinanza, compassione e tenerezza”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Giacomo Morandi, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto ieri nella chiesa parrocchiale di Sant’Agostino in occasione della XXXI Giornata mondiale del malato.
Dopo aver evidenziato che la purificazione del cuore è l’azione che il vero discepolo di Cristo deve compiere – e questa è l’evangelizzazione –, il presule ha sottolineato che spesso il cuore è attraversato da sentimenti di rancore, giudizio, rabbia. A volte giudichiamo gli altri solo nel nostro intimo, a volte esterniamo il giudizio, e questo capita sia in famiglia che nelle comunità ecclesiali; dunque non si ha ancora un cuore evangelizzato. Ecco perché nel capitolo quinto del Vangelo di Matteo – il discorso della montagna – il Signore afferma di essere venuto a portare a compimento la legge di Mosè. Non basta non uccidere; anche il dare del “pazzo”, dello “stupido” a un fratello – e quante volte ha osservato mons. Morandi ricorriamo a queste espressioni imbottigliati nel traffico! –, l’adirarsi con lui sarà motivo per essere sottoposti al giudizio di Dio. L’arcivescovo ha anche affermato che Dio è un ottimo cardiologo e vede ciò che alberga nel cuore di ogni persona. Non è mancato un ringraziamento ai tanti volontari e alle associazioni che prestano assistenza agli ammalati.