“Siamo oggi qui, al Quirinale, per rendere onore a quelle vittime e, con loro, a tutte le vittime innocenti dei conflitti etnici e ideologici. Per restituire dignità e rispetto alle sofferenze di tanti nostri concittadini. Sofferenze acuite dall’indifferenza avvertita da molti dei trecentocinquantamila italiani dell’esodo, in fuga dalle loro case, che non sempre trovarono rispetto e solidarietà in maniera adeguata nella madrepatria”. Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’intervento pronunciato questa mattina durante le celebrazioni al Quirinale per il Giorno del Ricordo.
“Furono sovente ignorati, guardati con sospetto, posti in campi poco dignitosi”, ha proseguito il capo dello Stato. “Tra la soggezione alla dittatura comunista e il destino, amaro, dell’esilio, della perdita della casa, delle proprie radici, delle attività economiche, questi italiani compirono la scelta giusta”, il tributo di Mattarella, riferendosi alla “scelta della libertà”. “Ma nelle difficoltà dell’immediato dopoguerra e nel clima della guerra fredda e dello scontro ideologico, che in Italia contrapponeva fautori dell’Occidente e sostenitori dello stalinismo, non furono compresi e incontrarono ostacoli ingiustificabili”, ha osservato il presidente, secondo cui “grazie al coraggio, all’azione instancabile e a volte faticosa delle associazioni degli esuli istriani, dalmati e della Venezia Giulia, il tema delle foibe e dell’esodo è oggi largamente conosciuto dalla pubblica opinione, è studiato nelle scuole, dibattuto sui giornali”. “Le sofferenze subite dai nostri esuli, dalle popolazioni di confine, non sono, non possono essere motivo di divisione nella nostra comunità nazionale. Al contrario, richiamo di unità nel ricordo, nella solidarietà, nel sostegno”, ha aggiunto, evidenziando che “ribadendo lo stupore e la condanna per inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo, segnalo che il rischio più grave di fronte alle tragedie dell’umanità non è il confronto delle idee, anche tra quelle estreme, ma l’indifferenza che genera rimozione e oblio”.