“Conosciamo il vostro dolore. Con le nostre famiglie abbiamo percorso sino in fondo tutte le stazioni del vostro Calvario. Lungo il percorso, con la nostra croce sulle spalle, le nostre madri, i nostri padri, i nostri fratelli e sorelle hanno potuto udire solo il ‘crucifige’ incessante di chi riduce la luce di una vita al buio di un momento.
Quando la carità intorno si dissolve e la fede collettiva sceglie la lapidazione, resiste la speranza di poter dare ancora un senso al tempo che rimane, con la certezza che il buon Dio riporrà il nostro pentimento e le nostre lacrime tra i suoi tesori più cari”. È un passaggio della lettera degli amici del Gruppo Sinodale della Casa Circondariale di Cagliari – Uta indirizzata al papà e alla mamma di Filippo Turetta, recluso nel carcere Montorio di Verona dove si trova per aver confessato l’omicidio di Giulia Cecchettin. “Siate vicini a Filippo, non abbandonatelo un solo istante, non giudicatelo. Dategli speranza quando andrete a trovarlo. Non manchi il sorriso sul vostro volto e la forza calorosa di un abbraccio”, prosegue la lettera: “Mentre le corti e i sinedri discutono su quali e quante leggi occorra ancora promulgare per assecondare l’onda emotiva nazionale, nel vostro sorriso e nel vostro abbraccio Filippo riconoscerà la legge che davvero ha violato: la legge dell’amore per il nostro prossimo che ha nell’amore coniugale l’elevazione più alta che conduce a Dio”. “Filippo lavorerà tanto su sé stesso per poter testimoniare che questa sola legge basterebbe a impedire la violenza e l’assassinio. Solo chi è caduto si rialzerà, solo chi si è perduto può ritrovare il cammino. Quando Filippo si sarà rialzato e avrà ritrovato la strada – concludono i detenuti del Gruppo Sinodale -, diventerà testimone vero e credibile dell’infinita misericordia di Dio. Siamo vicini al grande dolore della famiglia di Giulia, che comprendiamo e che ci tocca nel profondo del cuore”.