Testimonianza, memoria, cura. In queste parole si riassume la figura di Sami Modiano, 93 anni, che oggi ha ricevuto da Eugenio Guglielmelli, rettore dell’Università Campus Biomedico di Roma, la laurea honoris causa in Medicina e chirurgia per meriti umanitari e sociali, nel corso della cerimonia di inaugurazione del 31mo anno accademico dell’Ateneo. La cerimonia si è svolta alla presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci, del capo di gabinetto del ministero dell’Università e della ricerca Marcella Panucci, del presidente della Comunità ebraica di Roma Victor Fadlun, e del rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.
Una vita dedicata all’impegno civile, al racconto ai più giovani delle vicende drammatiche che lo hanno visto protagonista appena quattordicenne deportato e poi sopravvissuto alla tragedia dell’Olocausto. Per questo oggi l’Università Campus Biomedico, che quest’anno festeggia il suo trentennale con lo slogan “Radici profonde e sguardo al futuro”, ha voluto ribadire il suo progetto educativo basato su una solida formazione scientifica e una forte base valoriale.
“Io sono ancora lì, a Birkenau – ha detto Modiano nella sua Lectio magistralis davanti ai tanti giovani universitari presenti e agli studenti dell’istituto comprensivo Marta Russo di Trigoria –. Lì ho perso mia sorella Lucia e mio papà Giacobbe. Non posso dimenticare. Sono uscito da quell’inferno e dopo tanti anni ho capito di avere una missione: raccontare a tutti ciò che è stato, in particolar modo ai giovani. Per tanto tempo mi sono chiesto ‘perché proprio io? Perché sono sopravvissuto?’. Quella ferita non sarà mai rimarginata, ma ho capito perché vale la pena vivere. Per voi, per raccontarvi ciò che è accaduto”. “Pesavo appena 25 chili ero uno scheletro – ha proseguito -. Prima di arrivare ad Auschwitz ero stanco, il mio corpo ha ceduto e son caduto. Misi le mani sulla testa, stavo aspettando il colpo di grazia. Sapevo che stavo per morire, ma è successa una cosa incredibile. Due prigionieri ebrei più grandi di me si sono inchinati, mi hanno preso sottobraccio e mi hanno appoggiato su altri cadaveri, ne era pieno lì. Quando mi sono risvegliato i russi erano già arrivati e una dottoressa stava cercando di riscaldarmi”. “Ringrazio l’Università Campus Biomedico di Roma per avermi dato ancora una volta la possibilità di parlare di fronte a tanti ragazzi, i vostri studenti universitari ma anche i giovanissimi delle medie presenti oggi – ha concluso Modiano – perché quello che ho vissuto resti a lungo nella memoria e non si ripeta mai più. Spero che questo inno alla vita possa essere di ispirazione per i medici di oggi e di domani”.