“L’arrivo in Vaticano del primo detenuto di Seconda Chance, lo scorso primo settembre alle 6.55 del mattino, è stato un momento indimenticabile”. Lo ha raccontato Flavia Filippi, fondatrice e presidente dell’Associazione “Seconda Chance”, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione, in Sala stampa vaticana, delle “azioni di carattere sociale” della basilica di San Pietro in vista del Giubileo. “Il suo sorriso stupefatto mentre correva verso l’ingresso del Sant’Uffizio per arrivare puntuale alle 7 segna l’avvio di un percorso cominciato un anno e mezzo fa grazie al Cardinale e alla Fabbrica di San Pietro”, ha spiegato la relatrice: “Diversi colloqui di selezione sono in corso per altre posizioni presso la Fabbrica. Siamo già tornati a Rebibbia e a Regina Coeli per valutare alcuni candidati. Il progetto si diffonde con una velocità impressionante: inizialmente Seconda Chance puntava solo al reinserimento lavorativo dei detenuti, ma l’Associazione si è presto trasformata in un punto di riferimento per la popolazione carceraria”. “Al nostro indirizzo – ha proseguito Filippi – riceviamo continue richieste dai detenuti, dai familiari, dagli avvocati, ma anche da operatori penitenziari che ci chiedono di portare corsi di formazione, di procurare forni per pizza e attrezzi da palestra, di provare a migliorare le infrastrutture sportive, di organizzare eventi sportivi, culturali, musicali. La richiesta primaria però è quella di trovare opportunità per i tanti ristretti che sono nella condizione giuridica adeguata per lavorare fuori, dove la carenza di manodopera è cronica in diversi settori, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione. Ma i reclusi ci scrivono anche per colmare la solitudine, per una risposta o una visita, per domandare se possono contare su di noi. E quando escono in permesso ci telefonano sempre, talvolta passano a salutarci”. L’intenzione di Seconda Chance, ha spiegato la fondatrice, “è quella di allargare, consolidare, ben strutturare sull’intero territorio nazionale questa piccolissima rete che, non contando su personale dedicato, non è potuta ancora uscire dall’artigianalità. Reperire contratti di lavoro è una fatica immensa. Non bastano le mail, le telefonate, i biglietti da visita lasciati nei bar, nei ristoranti, nei negozi, nelle autofficine, nelle fabbriche, nelle aziende edili, agricole, grafiche. Per individuare un imprenditore senza pregiudizi disposto a venire in carcere con noi per valutare manodopera e disinteressato ai lunghi tempi burocratici che passano prima che il detenuto venga autorizzato a lavorare fuori, occorrono pazienza, sensibilità, cuore, tempo”.