“L’augurio che rivolgo a tutti, soprattutto, a chi ritiene di non poter ‘fare festa’ a Natale, è che riconosciamo in Gesù, il Figlio di Dio che è nato per noi, la possibilità della pace e della speranza per la nostra vita, anche quando è colpita duramente, e per l’umanità, che in questi tempi si trova a patire una notte che mette paura”. Si conclude con queste parole il messaggio natalizio che il vescovo di Senigallia, mons. Franco Manenti, rivolge alla comunità diocesana.
“Anche la festa del Natale, come le altre feste, religiose e laiche, deve affrontare la ‘sfida’ dell’esistenza ‘ferita’ di un gran numero di persone, colpita dal male (la malattia, gli abusi e violenze, la povertà e precarietà, le relazioni ‘in frantumi’, l’ingiustizia, la bramosia di pochi che affama i molti…) che impedisce di beneficiare appieno della gioia di una festa, Natale compreso”, osserva il presule, notando che “si tratta di una sfida cui non è possibile sottrarsi, tentando, magari, di lasciar perdere, almeno nel giorno della festa, il proprio dolore, oppure scegliendo di non fare festa, perché la sofferenza patita non può essere consolata, perché non è riconoscibile alcun orizzonte di speranza”. “È possibile ‘fare festa’ a Natale, a motivo della nascita del Figlio di Dio che viene a ‘consolare’ il nostro dolore, a offrire un orizzonte affidabile alla nostra esistenza minacciata e colpita dal male?”, domanda mons. Manenti, che invita a guardare ai pastori di cui si parla nel Vangelo della nascita di Gesù. “Anche noi – rileva il vescovo – stiamo vivendo un tempo che spesso appare come il buio della notte che ci costringe a ‘fare la guardia’ alla nostra vita, che sentiamo minacciata da quanto accade nel mondo, attorno a noi o addirittura nella nostra stessa esistenza”. “Impariamo dai pastori – l’esortazione di mons. Manenti – che non si sono lasciati convincere dalla paura, ma dalla parole dell’angelo e andiamo anche noi come loro a ‘vedere’ questo bambino che ‘è nato per noi’, questo ‘figlio che ci è stato dato’, perché anche noi, come i pastori possiamo renderci conto ancora una volta che Dio che non abbandona i propri figli a se stessi, alle tante follie che le cronache di ogni giorno ci segnalano, ma che vuole riscattare la storia degli uomini dal male che avvelena le relazioni tra le persone, tra i popoli, che aggredisce la natura e la costringe a gemere, che oscura il futuro, impoverendolo di speranza”.