Visita prenatalizia dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ai nuovi reparti e al cantiere del Policlinico, seguita dalla messa nella chiesa dei Santi Innocenti della Clinica Mangiagalli. Dopo essere entrato, come prima sosta, nel Padiglione Ponti del Policlinico, presso l’accettazione e l’ambulatorio dei prelievi del sangue, portando la sua benedizione al personale e a chi era in attesa anche alle casse, l’arcivescovo – accompagnato dai cappellani don Giuseppe Scalvini e don Marco Gianola e dal presidente della Fondazione Irccs Ca’ Granda, Marco Giachetti – ha attraversato il Padiglione Marcora, reparto ematologia. La visita – spiega il portale della diocesi di Milano – è proseguita, infine, alla “Mangiagalli”, nel reparto “Suor Giovanna” di chirurgia ginecologica e dedicato ai piccoli interventi, con una preghiera e la benedizione delle degenti nelle camere.
“Un momento articolato e prolungato, come sempre intenso di preghiera, che ha preceduto il trasferimento al cantiere del Nuovo Policlinico, che proprio in questi giorni, ha raggiunto – nei tempi previsti – il tetto del primo blocco del Central Building grazie al lavoro quotidiano di oltre 300 tra maestranze e operai impegnati sui 23mila mq dello spazio di edificazione.
Infine, la conclusione della mattinata con la messa, concelebrata da una decina di sacerdoti, presenti i vertici della Fondazione, malati, medici, infermieri, e la cappellania al completo con le suore, l’ausiliaria diocesana, il diacono permanente, i due seminaristi della IV teologia che prestano servizio al Policlinico, i tre cappellani Gamba, Gianola e Scalvini. Durante l’omelia, Delpini ha affermato: “l’amore esagerato” di Gesù “si è avvicinato a ciascuno con una parola amica, con una mano che accarezza, con una presenza che condivide. L’intervento di Dio che entra nell’abisso sconfigge l’abisso chiamando per nome chi e stato inghiottito dall’abisso rendendo possibile il rapporto personale con Lui. La vocazione di ciascuno a essere figlio di Dio sconfigge l’eccesso del male”. “L’amore esagerato è entrato nel dramma della storia e del mondo per condividerne il gemito della creazione, con un principio di speranza invincibile, perché non si ferma sull’orlo dell’abisso. Noi ci sentiamo schiacciati, talvolta, ma siamo qui per intravvedere la via di Gesù che diventa sollecitudine per ogni persona e speranza per tutti”.