“Solo vedendo il volto del Signore si può incontrare realmente il volto degli altri e se ne possono comprendere le ragioni. Solo vedendo e accogliendo il volto del Signore si può riscoprire la vera fraternità e la pace tra le persone, le famiglie, la società e il mondo, là dove si perpetuano – dall’Ucraina alla Terra Santa e a tanti altri luoghi dimenticati – odio, violenze, atti di terrorismo e di guerra. Solo se la vita è vissuta con altri e, in primis, con Dio – nonostante le difficoltà, le fatiche e le ingiustizie – la vita è e rimane meravigliosa”. Così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nel suo Messaggio per il Natale.
“Nel presepio osserviamo il Bambino di Betlemme che tende le mani: chiede accoglienza ma, per accogliere, prima bisogna amare per poi riconoscere l’altro – spiega Moraglia -. Prendersi cura di un bambino, infine, significa farsene carico ed iniziare, con coraggio, un nuovo percorso. Sì, la salvezza viene da quel Bambino e comincia ogni volta dai più piccoli. Ricercare il volto di Dio vuol dire aprirsi ad un Dio che è persona, che è relazione, ama e si lascia amare. Il Bambino di Betlemme giace nel presepio dove prende forma la prossimità, svanisce la logica del primo posto e si afferma quella del riconoscimento reciproco”. E tutto ciò, conclude, avviene “mentre quel Bambino porta la luce che rischiara l’oscurità della notte e si fa largo tra le tenebre che, pure, continuano ad essere presenti. Il Santo Bambino non è pura poesia e pura gioia; su di Lui si addensa l’intero dramma della storia umana”.