Nei prossimi tre mesi in Sudan circa 29.250 bambini nasceranno senza assistenza medica, con il rischio concreto di esporli, insieme alle loro madri, a complicazioni che potrebbero avere gravi conseguenze permanenti e persino fatali. È l’allarme lanciato oggi da Save the children, ricordando alcune stime: nei prossimi tre mesi nasceranno 45.000 bambini in tutto il Paese, dove, secondo le Nazioni Unite, solo il 35% della popolazione ha accesso ad una qualsiasi forma di assistenza sanitaria. Questo significa che, il 65% delle persone può usufruire di ospedali, cliniche o può contare su operatori sanitari qualificati, con il triste risultato che almeno 29.250 di questi bambini nasceranno senza alcun supporto professionale. I primi 28 giorni di vita di un bambino – il periodo neonatale – sono i più delicati con un rischio più elevato di morte per il nascituro, così come per la madre del neonato. Anche prima della guerra scoppiata quest’anno, il Sudan aveva uno dei tassi di mortalità materna più alti al mondo. La nuova analisi di Save the children arriva mentre le organizzazioni umanitarie lottano contro il tempo per colmare il gap di finanziamento: manca infatti il 60% del totale di 2,6 miliardi di dollari per gli aiuti necessari in risposta agli effetti del conflitto. Dopo mesi di violenza, il settore sanitario è quasi completamente collassato. Gli operatori sanitari, le forniture e le strutture continuano a essere presi di mira dai gruppi armati e, laddove ospedali e cliniche rimangono aperte, la mancanza di forniture mediche, come sacche di sangue e ossigeno, o di acqua, carburante e personale, ostacola gravemente il servizio. Si stima che circa 25.000 donne incinta si stiano spostando in tutto il Sudan. Probabilmente sono tagliate fuori dai servizi sanitari e non riescono ad alimentarsi in maniera adeguata e a sostenere la crescita dei loro bambini. Save the children opera in Sudan dal 1983 e fornisce aiuti salvavita e servizi di protezione dei bambini insieme a partner nazionali e internazionali. Dallo scoppio del conflitto ha raggiunto 250.000 persone, tra cui più di 135.000 bambini, e gestisce centri medici e nutrizionali per fornire cibo e altri beni alle famiglie sfollate.