“Con una sanità ridotta ai minimi termini diventa sempre più difficile garantire cure e assistenza ai cittadini”. Lo afferma in un’intervista al Sir Giovanni Leoni, chirurgo generale presso l’ Ospedale Civile di Venezia e vicepresidente nazionale Fnomceo (Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri). Dopo lo sciopero del 5 dicembre, sono di nuovo in piazza medici, dirigenti sanitari, infermieri. “Il taglio delle pensioni è la miccia che ha acceso la protesta – spiega Leoni – perché si pensava che la sanità fosse ritornata prioritaria nell’agenda della politica italiana nel post pandemia, ma i fatti hanno smentito le promesse”. Mentre “Germania, Francia e Svizzera investono tra l’11 e il 12% del Pil in sanità, nel 2022 il nostro investimento è stato pari al 6,7% sul Pil”, prosegue.
All’alba di oggi la Commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera ad un emendamento del governo all’art. 33 della manovra: salve dai tagli inizialmente previsti le pensioni di vecchiaia di medici e infermieri. Restano penalizzate quelle anticipate ma c’è un taglio più soft per i sanitari con una riduzione di un trentaseiesimo del taglio per ogni mese in più di permanenza al lavoro. Se lo vorranno, dirigenti medici e infermieri potranno rimanere in servizio tre anni in più, fino ai 70 anni”. Un parziale dietro front, dunque, ma i problemi rimangono. “In Italia – spiega il vicepresidente Fnomceo – mancano all’appello 30mila medici, 70mila infermieri e circa 100mila posti letto. Carenze che mettono a rischio la salute dei cittadini perché con una sanità ridotta ai minimi termini diventa sempre più difficile garantire loro la necessaria cura e assistenza. Siamo al minimo anche per quanto riguarda i posti letto: 3,2 × mille abitanti contro gli 8,3 di Germania, 7,6 di Austria, 7,4 di Lituania”. Oggi molti medici e infermieri fuggono all’estero, attirati da migliori stipendi e condizioni di lavoro. Non solo Francia, Inghilterra e Germania, ma anche Svizzera, Finlandia ed Emirati arabi.
Quali sono allora le vostre richieste? “Bisogna avere il coraggio di procedere in maniera sistematica a nuove assunzioni, al miglioramento delle posizioni e degli stipendi, in particolare per quanto riguarda l’emergenza e l’urgenza. Il dramma maggiore – conclude Leoni – è quello dei pronto soccorso e di anestesia e rianimazione, due specialità per le quali le borse sono ultimamente andate quasi deserte: fino al 70% per la medicina di emergenza e urgenza, e fino al 40% per anestesia e rianimazione”.