“Credo che il Patto previsto dai governi italiano e albanese non rappresenti, sia dal punto di vista dei diritti umani e delle convenzioni internazionali che in termini di gestione e allocazione delle risorse economiche, una soluzione alla questione migrazione. Oltre a rivedere e potenziare il sistema di accoglienza europeo, sono convinta sia fondamentale intraprendere azioni sostenibili e durature che abbiano come reale obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita dei popoli africani e dell’intero continente africano. Il che significa dare a chi desidera restare a vivere nella propria terra un’alternativa valida, concrete opportunità di lavoro e sicurezza alimentare”. Lo dichiara Giorgia Gambini, presidente di Interlife, commentando lo stop dell’Alta Corte albanese al Patto sui migranti Italia-Albania.
“Grazie al nostro lavoro in Africa Occidentale, nei Paesi di provenienza maggiormente dichiarati dai migranti, tra cui per esempio la Costa d’Avorio, con 800.000 euro in 2 anni abbiamo permesso a 4.000 persone, che lo desideravano, di restare a vivere nel proprio Paese e di migliorare concretamente le proprie condizioni di vita”, spiega Gambini, evidenziando che “con i fondi previsti per il Patto Italia-Albania (un investimento iniziale di 16,5 mln per il primo anno che andrà in seguito a crescere) potremmo dare un’alternativa concreta e reale a 82.500 persone e alle loro famiglie, per un totale di 412.500 persone considerando una famiglia media di almeno 5 persone”. “Inoltre, grazie al sistema moltiplicatore proprio del nostro modello di sviluppo, i beneficiari aumenterebbero di anno in anno, e, senza ulteriori investimenti, entro tre anni diventerebbero 825.000 persone ad avere una soluzione alternativa alla migrazione, e così a seguire”, continua la presidente di Interlife, sottolineando che “riusciamo a raggiungere questi importanti risultati attraverso il nostro Toolkit Interlife, uno strumento concreto per lo start-up di attività generatrici di reddito e di sicurezza alimentare in contesti rurali e urbani caratterizzati da estrema povertà, che permette di moltiplicare benefici e beneficiari e allo stesso tempo di ridurre progressivamente il costo progettuale con un importante effetto leva”. Il Toolkit Interlife, viene ricordato nella nota, è uno strumento per l’avvio di micro-imprese capaci, a loro volta, di generarne altre. I Toolkit forniscono formazione, attrezzature, materie prime, competenze professionali – in coltivazione, allevamento e commercializzazione di prodotti – e tutto il supporto per avviare un’attività in grado di sostenere i beneficiari e le proprie famiglie, innescando un effetto a catena solidale a favore di tutta la comunità. La caratteristica principale del Toolkit Interlife consiste infatti nella sua replicabilità e nell’effetto moltiplicativo dell’investimento iniziale: dopo aver avviato la propria impresa, il beneficiario si impegna a donare un nuovo Toolkit a un’altra persona in difficoltà, affinché riceva le stesse opportunità, competenze e tutto l’occorrente per avviare la propria impresa, i risultati registrati a distanza di un solo anno dall’avvio dell’attività sono straordinari; il 108% di crescita media del reddito per ogni persona che ha beneficiato di un Toolkit Interlife, ognuno di loro ha migliorato la propria vita e ha scelto di restare nel proprio Paese.