“Sono particolarmente felice di poter condividere la gioia di tutta la nostra Chiesa novarese, che ora può venerare come martire don Giuseppe Rossi, umile prete, esemplare per la vita di preghiera e per il generoso servizio alla sua gente. Egli è stato l’‘Icona di un parroco martire’, che si è speso sino alla fine, testimonianza di fedeltà e dedizione sacerdotale al bene della propria comunità, con la quale ha saputo condividere tutto. Un modello per tutto il popolo di Dio, e in particolare per noi sacerdoti e per i laici che svolgono un ministero a servizio della Chiesa”. Così mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, nella lettera alla comunità diocesana a seguito dell’autorizzazione data dal Papa al Dicastero delle Cause dei santi a promulgare il Decreto riguardante il martirio del servo di Dio don Giuseppe Rossi, sacerdote della diocesi novarese, nato il 3 novembre 1912 a Varallo Pombia e ucciso in odio alla fede il 26 febbraio 1945 a Castiglione Ossola.
“L’approvazione del martirio in odio alla fede – sottolinea il vescovo – apre le porte alla beatificazione del Servo di Dio che, da parroco fedele e generoso, volle rimanere tra la sua gente in una circostanza drammatica e pericolosa, nella quale la furia dei componenti la Brigata repubblichina ‘Corrao-Muti’ sarebbe potuta esplodere, coinvolgendo tutto il paese. Si riversò, invece, sul solo parroco che, come ‘mite agnello’, affrontò silenzioso la morte”.
“Ringrazio il Signore per il dono di don Giuseppe alla nostra Chiesa, Papa Francesco per il riconoscimento del suo martirio, il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, e la postulatrice Francesca Consolini per il lungo lavoro svolto durante questi anni”, prosegue mons. Brambilla, per il quale “la promulgazione del decreto sul martirio conclude infatti il lungo iter canonico iniziato nel 2001 con la richiesta di introdurre la Causa, presentata alla Congregazione delle Cause dei santi dal mio predecessore mons. Renato Corti, a cui unisco il ricordo riconoscente per don Severino Cantonetti, immediato successore di don Rossi dal 1946 al 2015, che spese l’intero suo ministero sacerdotale, perché fosse riconosciuto il martirio del Servo di Dio. Inizia, ora, la fase preparatoria del rito di beatificazione, la cui data verrà concordata con la Segreteria di Stato”.
In una nota, la diocesi di Novara ricorda alcuni tratti biografici di don Rossi, che studiò nel Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1937 a 25 anni. Nel 1938 fu nominato parroco di Castiglione Ossola, in Valle Anzasca, ove spese tutto il suo ministero pastorale fino alla morte, in un tempo quasi solo segnato dal secondo conflitto mondiale. Come pastore organizzò l’Azione Cattolica, la San Vincenzo per i più poveri, aiutò con le poche risorse le missioni, si spese per i giovani partiti per il fronte, scrivendo loro sovente. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, al periodo di sbandamento che seguì, don Rossi non parteggiò per nessuno, soffrendo con cuore di padre nel vedere i suoi figli combattersi in una lotta fratricida. Don Rossi venne ucciso barbaramente dai fascisti nella notte del 26 febbraio 1945, dopo che al mattino le milizie partigiane avevano attaccato la Brigata fascista “Muti”. Dopo otto giorni di silenzio tombale, uno dei militi fascisti, nel tormento del rimorso, si confidò con una ragazza del paese. Trovarono don Rossi nel vallone dei Colombetti sotto il paese, sepolto in una fossa che era stato costretto a scavare con le proprie mani; il cranio spaccato dal calcio di un fucile, una pugnalata alla schiena e il colpo di grazia in viso. Il 22 settembre 1991, i resti di don Rossi, dalla natia Varallo Pombia, ove erano stati sepolti per volontà della mamma, furono traslati nella chiesa di Castiglione Ossola, ove riposano.