Natale: card. Petrocchi (L’Aquila), “vigilare per non essere contaminati dalla ‘sindrome della porta chiusa’ che impedisce di fare posto al Signore”

Vivere il Natale, come i pastori di Betlemme: è l’invito che permea tutto il messaggio di Natale dell’arcivescovo de L’Aquila, card. Giuseppe Petrocchi, diffuso oggi dall’arcidiocesi abruzzese. Partendo dal racconto della nascita, tratto dal brano del Vangelo di Luca (2, 2-20), il cardinale ricordando il rifiuto degli abitanti di Betlemme di accogliere Maria, incinta di Gesù, e Giuseppe, chiede di “vigilare per non essere contaminati dalla ‘sindrome della porta chiusa’, che ci impedisce di fare posto al Signore che chiede di essere aiutato nel prossimo bisognoso. Ma la indisponibilità al soccorso ci barrica nei nostri angusti privilegi e ci sottrae i doni preziosi che Dio concede a coloro che si aprono alla accoglienza”. Perciò, spiega Petrocchi, “è sempre conveniente essere generosi nei confronti di quanti soffrono la povertà, nelle versioni antiche e nuove”. Condizione opposta quella dei pastori che, scrive il cardinale, “pernottano all’aperto: sono privi di pareti protettive e del riparo di un tetto; quindi esposti alle intemperie e ai rischi di aggressioni da parte di briganti o animali selvatici. Vivono una condizione di indigenza e vulnerabilità; rispetto ai loro concittadini appaiono deprivati di un ambiente confortevole: ma proprio in questa precarietà si presenta l’angelo e sono avvolti da una luce che viene dall’Alto. Così, la loro condizione di ‘svantaggio’ diventa lo spazio in cui Dio si manifesta”. Proprio a loro, “socialmente marginali e di basso rango”, sottolinea il messaggio, “viene consegnato il messaggio più importante nella storia dell’umanità, fonte di immensa esultanza: la nascita del Salvatore”. I pastori si sono lasciati “sorprendere dal Signore”. Scrive il cardinale: “L’annunzio – che ci può arrivare dalla nostra coscienza come da persone esterne – se è autentico, non è mai vago ma indica sempre una concreta direzione di marcia. Ci viene sempre data una ‘mappa’ esistenziale del percorso da compiere per giungere puntuali all’appuntamento con il Signore, che apre la ‘via di uscita’ dai problemi e spalanca prospettive che cambiano in positivo l’avvenire. La risposta, che abbiamo aspettato e invocato, spesso è deposta in situazioni ‘umili’ e lì va cercata”. I verbi che indicano questa ricerca sono, per l’arcivescovo de L’Aquila, “andiamo” e “vediamo” e indicano la risposta pronta dei pastori che, per questo, “trovano il Signore”. I Pastori, “proprio perché sono stati ubbidienti e si sono recati dove erano stati invitati ad andare, fanno esperienza di salvezza (che non è solo spirituale ma anche psicologica e relazionale). Rientrano nel loro ambiente e diventano testimoni convinti: non possono trattenere per loro le opere di Dio che li ha colmati di lieto stupore e di ardente gratitudine. La lezione di vita – si legge nel messaggio – che ci è data dai Pastori deve essere ‘esemplare’ e attuale anche nel nostro tempo. Per ‘fare-Natale’ bisogna lasciare il primo posto a Gesù che “bussa’ alla nostra porta ma anche offrire al mondo in cui viviamo l’esperienza festosa e solenne dell’incontro con il Figlio di Dio-fatto-uomo, venuto ‘tra’ noi e ‘per’ noi”. Purtroppo, conclude il cardinale, “constatiamo che i nostri giorni sono lacerati dal dramma di guerre che seminano distruzioni e morte, in territori vicini e lontani. Da credenti non possiamo rassegnarci o restare indifferenti: la celebrazione del Natale ci abilita e ci obbliga ad essere ‘costruttori di pace’. Ogni tassello di riconciliazione contribuisce a comporre il grande mosaico della pace, a livello locale e universale”.

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