“C’è da chiedersi se stiamo facendo di tutto e anche che cosa possiamo fare come comunità credente perché il Signore che viene ci trovi in pace”. Lo ha affermato ieri fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento di Assisi, durante la celebrazione eucaristica nella chiesa inferiore della basilica di San Francesco alla presenza di molti partecipanti alla Marcia della pace.
Commentando i testi della liturgia e, in particolare rifacendosi al testo della prima lettura del profeta Isaia (40,1-5.9-11), fra Moroni ha sottolineato che “in genere i conflitti sono causati dal bisogno di possedere e di dominare, di dire ‘è mio’”. “Il singolo – ha osservato – deve difendere il proprio orticello o vuole appropriarsi di quello del vicino, la nazione deve difendere i propri confini oppure vuole allargarli perché ritiene che siano suoi e che magari siano stati usurpati e invasi, mentre ci si dimentica che, come dice il salmo ‘Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti. È lui che l’ha fondata sui mari e sui fiumi l’ha stabilita’ (Sal 23,1-2) e che siamo chiamati semplicemente a gestire la terra, a coltivarla e custodirla perché tutti possano vivere”. Richiamando le parole del Salmo, poi, ha ammonito: “Non potremo assistere al bacio tra giustizia e pace fino a quando non saranno colmate le disparità tra le persone e tra i popoli”. “Giustizia – ha spiegato – è assicurare che ogni fratello e sorella nel mondo abbia il necessario per una vita dignitosa e sicura, che possa accedere alle risorse, alle cure, all’istruzione, alla possibilità di lavorare e di riceverne un salario equo per mantenere se stessi e la propria famiglia”. “Nel mondo odierno – ha proseguito – l’esistenza dei poveri non si può considerare una fatalità, ma è piuttosto una responsabilità di tutti”. “Finché vi saranno uomini e donne considerati degli scarti, rifiutati, non accolti, non vi sarà giustizia e sarà impossibile la pace – ha ammonito –. Finché prevarrà una visione meritocratica così come è coltivata oggi, continueranno ad essere condannati a perdere coloro che non sono stati messi in grado di venir fuori dalla miseria, dalla fame, dall’analfabetismo”. “Come comunità credente e come uomini e donne di buona volontà non possiamo esimerci dal compito di umanizzare la terra e di garantire vita per tutti”, l’esortazione di fra Moroni. “I conflitti – ha aggiunto – sono spesso causati e alimentati dal terreno accidentato della menzogna. Spesso l’altro è accusato, attraverso manipolazioni dell’informazione, di essere un potenziale nemico, perché è portatore di una cultura, una fede, un orientamento politico, un pensiero diverso dal mio. Oppure perché potrebbe rappresentare un antagonista nel mercato della vita, o ancora perché potrebbe avere accumulato delle armi potenzialmente più dannose e pericolose delle mie”. “Amore e verità si incontreranno – ha rilevato – quando la ricerca della verità sarà perseguita come un vero atto d’amore e non sarà guidata da interessi economici o nazionalistici o comunque di parte. La dolce corrente della verità può scorrere come un fiume solo su un terreno reso pianeggiante dall’amore”. Infine il custode del Sacro Convento di Assisi ha ricordato che “il Signore ci propone la misura altissima del perdono: non un inutile miraggio, ma una prospettiva, uno stile, un lento cammino verso l’accoglienza dell’altro anche quando questo è violento e perverso, costi quel che costi, anche la propria vita”. “Pagare di persona – ha notato – dovrebbe essere di moda, soprattutto tra noi credenti, mettere a repentaglio la propria esistenza non è vivere in pace, ma costruire la pace. Sopportare oggi qualche ingiustizia, cedere oggi di fronte al violento potrebbe essere un mezzo per guadagnare domani una pace più duratura”.