In Italia le famiglie che versano in una situazione di povertà e in cui è presente una o più persone con disabilità vivono in una condizione di isolamento creata da muri relazionali, istituzionali e di contesto. Cosa chiedono e cosa desiderano per raggiungere una migliore qualità di vita? Tra gli aiuti richiesti, 9 su 10 non sono contributi economici bensì servizi “umanizzati”, sia per la persona con disabilità sia per i familiari, che siano in grado di mettere la persona al centro, per una presa in carico globale. È quanto emerge dalla ricerca “Disabilità e povertà nelle famiglie italiane”, condotta da Cbm Italia – organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura della cecità e della disabilità e nell’inclusione delle persone con disabilità nel Sud del mondo e in Italia – insieme alla Fondazione Emanuela Zancan Centro Studi e Ricerca sociale, che indaga per la prima volta nel nostro Paese il legame tra condizione di disabilità e impoverimento economico e culturale.
Lo studio, diffuso in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, nasce dall’impegno di Cbm che da oltre 110 anni lavora per spezzare il circolo vizioso in cui povertà e disabilità si alimentano a vicenda nei Paesi del Sud del mondo. Lo fa attuando progetti di salute, educazione e vita indipendente, mettendo al centro le persone con disabilità e i loro diritti.
“Negli ultimi 4 anni abbiamo rivolto il nostro lavoro anche in Italia con interventi che mirano all’inclusione e al rispetto dei diritti delle persone con disabilità, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite, nostra fonte di ispirazione – racconta Massimo Maggio, direttore di Cbm Italia -. Ci siamo chiesti quale sia la portata del legame tra disabilità e povertà anche nel nostro Paese. Da qui l’idea di questa ricerca sociale che desideriamo mettere a disposizione di tutti coloro che si occupano di disabilità, come strumento utile per favorire la cultura dell’inclusione”.
In letteratura viene riconosciuto che le persone con disabilità presentano un maggiore rischio di povertà o esclusione sociale. In Italia al momento mancano però indagini continuative in merito. La necessità di approfondire il fenomeno ha portato Cbm Italia ad avviare lo studio con la Fondazione Zancan scegliendo una metodologia che si basa sia su dati quantitativi raccolti attraverso un questionario sia su informazioni qualitative emerse da testimonianze raccolte con interviste.
Il campione della ricerca – costruito con l’aiuto di numerosi enti e associazioni che hanno permesso di entrare in contatto con famiglie in tutta Italia – è costituito da 272 persone a cui è stato sottoposto un questionario, di cui 57 coinvolte anche nelle interviste qualitative.