ActionAid esprime preoccupazione e sconcerto per il protocollo tra Italia e Albania in tema di “rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, per il trasferimento coatto delle persone giunte in Italia dalla rotta del Mediterraneo centrale. 116 milioni, a quanto si apprende dalle fonti parlamentari, per un accordo che ha la pretesa di estendere la giurisdizione italiana in territori di altri Paesi esterni all’Unione europea e che include un ingente impegno di spesa pubblica. Questo accordo consentirebbe al governo italiano l’utilizzo di alcune aree del territorio nazionale albanese per realizzare “una o più strutture” per un massimo di 3.000 persone contemporaneamente, “al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea e per il tempo strettamente necessario alle stesse”. ActionAid sottolinea come l’applicazione dell’accordo avrebbe come effetto uno svilimento ulteriore del diritto d’asilo, già gravemente compromesso dagli ultimi provvedimenti normativi del governo Meloni. ActionAid con il report “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”, realizzato insieme, al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, aveva già evidenziato un sistema “inumano e costoso, inefficace e ingovernabile”.
“Il ricorso a strutture detentive ha già dimostrato di essere fallimentare, tuttavia, si continuano a presentare i Cpr ome una soluzione per aumentare il numero dei rimpatri”, sottolinea. I costi di queste strutture sono esorbitanti e si accompagnano ad un vero e proprio caos amministrativo. Il costo medio per Cpr è di un milione e mezzo l’anno, il costo medio annuo di un posto è di quasi 21 mila euro. 53 milioni il costo totale dal 2018 al 2021. Di questi, quasi 15 milioni spesi per la manutenzione, oltre il 60% per interventi straordinari, cioè ristrutturazioni dovute a danneggiamenti. Il prolungamento dei tempi di trattenimento comporta solo la crescita delle spese di manutenzione straordinaria: nel 2018 per 27 giorni di permanenza media si sono spesi 1.2 milioni di euro per le manutenzioni straordinarie; nel 2020, con 41 giorni di permanenza media le spese arrivano a 4.1 milioni. Il tutto per una capacità del sistema detentivo che nel 2022 raggiunge 1395 posti e che dal 2018 ha funzionato sempre al 50% della propria capacità ufficiale. “Tutto lascia quindi presupporre che anche a livello economico, la spesa già esorbitante di 116 milioni per questi centri in Albania sia una stima al ribasso e che il monitoraggio diventi nei fatti impossibile – afferma ActionAid -. Con l’accordo il quadro già fortemente critico si esaspera: un tentativo di esternalizzare il sistema detentivo volto al rimpatrio e di esportare in Albania le stesse procedure che i giudici italiani hanno ripetutamente sanzionato. Ancora una volta viene da chiedersi su quali basi si stiano strutturando le politiche migratorie del nostro Paese. Preoccupano le dichiarazioni di esponenti politici della maggioranza che già minacciano di escludere di fatto il Parlamento dall’iter di ratifica, impedendo l’esercizio del ruolo di controllo e indirizzo politico che gli è proprio”. ActionAid auspica che il Parlamento “sia coinvolto nell’iter di quello che si configura come un trattato internazionale, che sia in grado di opporsi a questo provvedimento e torni a tutelare i principi fondamentali della Costituzione”.