America Latina: Clar, dolore per abusi, impegno a custodire il “seme sinodale” e a nuove “forme relazionali” di discernimento e fraternità

“Ci impegniamo a vivere la nostra vocazione con senso e rinnovato entusiasmo, senza ignorare che il mondo è in guerra, che la corruzione permea tutto, che tra nazionalismi escludenti e fortezze che costruiamo per dividerci, condanniamo tanti a vivere in uno stato di migrazione”. Lo si legge nel messaggio che ha concluso l’assemblea della Clar, la Conferenza dei religiosi e delle religiose di America Latina e Caraibi, che si è tenuta questi giorni a Bogotá. Nel testo viene formulato un “decalogo” che impegna la vita religiosa del continente.
Aprirsi allo Spirito Santo, è il primo punto, “per riconoscerlo come l’eterno e persistente donatore e nutritore della vita. Colui che, guardando alla diversità, la ricrea permanentemente per costruire una nuova comunione”. La consapevolezza che “Gesù è nei nostri cuori” è il secondo punto, seguito dal dolore per gli abusi sessuali, di potere e di coscienza, con cui “abbiamo ferito la dignità degli altri. I religiosi “riconoscono il dolore di tante vittime e il nostro, perché confessiamo che i grovigli del potere ci hanno portato a voler controllare tutto”.
In quarto luogo, i religiosi e le religiose vogliono custodire il “seme sinodale” e “accogliere tutti i semi che sono già un annuncio di vita nuova”. Si impegnano a inserire “la sinodalità nei percorsi, nella teologia, nelle opzioni e nelle trasformazioni della vita religiosa nel continente e nei Caraibi”. Una “Chiesa samaritana” è il quinto punto, con l’imperativo di “crescere nella compassione per i più trascurati”, e soprattutto di lasciarsi interpellare dal “grido dei migranti, e delle persone che non trovano un senso alla loro esistenza”. La sesta priorità è vivere l’essenza relazionale della vita religiosa, e ciò significa “approfondire la dinamica del discernimento, esercitarsi nella conversazione nello Spirito, dialogare fino a quando accade ciò che è comune, generando sempre nuove forme relazionali che esprimano nel nostro stile di vita l’identità della Trinità”. Una vocazione rinnovata è il settimo punto, nella consapevolezza che “questa scelta implica rivelarsi comunità che si amano, fratelli e sorelle che si aiutano, testimoni che la fraternità e la sorellanza sono possibili”. Infine, i religiosi si impegnano alla cura della casa comune e a custodire una cultura dell’incontro, anche con i non credenti. Il tutto nella prospettiva della speranza nella risurrezione, il decimo punto del decalogo.

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