Lavoratori migranti: documento firmato da 7 realtà cristiane europee. “Agevolare l’accesso al mercato del lavoro”

La proposta di revisione della “direttiva sul permesso unico”, attualmente oggetto di negoziato tra Parlamento e Consiglio, contiene elementi positivi, scrivono Caritas Europa, la Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme), la Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), Don Bosco Internazionale, Eurodiaconia, la Commissione cattolica internazionale per le migrazioni (Icmc) e la Chiesa protestante tedesca (Ekd). Nell’elenco ci sono l’accelerazione delle procedure per cittadini di Paesi terzi che cercano residenza legale e opportunità di lavoro negli Stati Ue, o la proposta a sostegno del diritto di cambiare datore di lavoro (sebbene la prevista procedura di notifica obbligatoria abbia risvolti amministrativi criticabili); bene la previsione chiesta dal Parlamento di nove mesi di tempo per i lavoratori disoccupati per cercare un impiego alternativo o l’introduzione del “permesso transitorio”, che consente ai lavoratori sottoposti a sfruttamento lavorativo di conservare il proprio permesso fino a 12 mesi mentre cercano nuove opportunità di lavoro. Invece resta non affrontata – secondo il documento sottoscritto dai sette organismi cristiani europei – la questione delle condizioni di ingresso per i lavoratori migranti poco e mediamente qualificati; si suggerisce anche la necessità di prevedere una “agevolazione dell’accesso al mercato del lavoro per i richiedenti protezione internazionale”. Utile sarebbe – suggeriscono i redattori – una direttiva trasversale per tutta la migrazione di manodopera nell’Ue, pena il rimanere della direttiva “un’impresa frammentaria, che ignora le sfide urgenti nell’Ue”.
Positivo il giudizio delle Chiese e delle associazioni cristiane europee anche sulla “direttiva sui soggiorni di lungo periodo”, seconda direttiva in discussione tra le due istituzioni europee, perché prevede una serie di disposizioni efficaci. In generale, le riforme proposte dalle due direttive “rappresentano un passo fondamentale per affrontare le carenze strutturali di manodopera, rafforzare la tutela dei lavoratori e promuovere la parità di trattamento nell’Unione europea”. La speranza è che le proposte della Commissione e del Parlamento europeo “ricevano reazioni positive da parte del Consiglio nel prossimo futuro”.

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