“Il governo si impegni per interrompere i finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili. Questo a partire dal miglioramento delle policy di Sace e Cassa Depositi e prestiti (Cdp) che implementano la Dichiarazione di Glasgow, nonché per l’aumento di capacità di spesa delle banche multilaterali di sviluppo per una transizione energetica a zero emissioni e che affronti la crisi del debito dei paesi a basso reddito”. È l’appello lancia alla vigilia della Cop28 di Dubai e a poche settimane dal Summit Italia-Africa da ActionAid Italia, Focsiv, Movimento Laudato si’, ReCommon e Wwf Italia con il supporto di 29 organizzazioni della società civile africana.
A novembre 2021, viene ricordato in un comunicato, “in occasione della Conferenza sul clima di Glasgow (Cop26), 34 Paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche aderirono alla cosiddetta ‘Dichiarazione di Glasgow’, impegno congiunto per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici internazionali per progetti di estrazione, trasporto e trasformazione di carbone, petrolio e gas entro il 31 dicembre 2022. Anche l’Italia – che condivideva con il Regno Unito la presidenza della Cop26 – aderì all’iniziativa. La Dichiarazione di Glasgow riguarda le istituzioni di finanza pubblica: agenzie di credito all’esportazione come Sace e banche di sviluppo come Cassa Depositi e prestiti”. “Attraverso l’operatività di Sace, l’Italia – sottolineano le organizzazioni – è il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il sesto a livello globale. Dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi sul clima, l’ammontare garantito per progetti di carbone, petrolio e gas equivale a 15,1 miliardi di euro . Il 42% di queste garanzie riguarda progetti realizzati in vari paesi dell’Africa: Mozambico, Nigeria, Egitto etc.. Nello stesso periodo, i prestiti di Cdp a progetti di petrolio e gas nel continente ammontano a 1,66 miliardi di euro”. Oltra a denunciare “la complessa situazione dei diritti umani nell’area di Cabo Delgado, Mozambico, dove si trovano la maggioranza dei progetti estrattivi del Paese”, le organizzazioni evidenziamo come “gli investimenti futuri nella produzione di idrocarburi in Africa – in modo particolare il gas – non avranno alcun impatto rilevante sulla sicurezza energetica dell’Italia”. “Anche con la fine degli approvvigionamenti russi di gas, l’Italia disporrebbe già delle infrastrutture necessarie per la propria sicurezza energetica, senza quindi bisogno di ricorrere a nuovi investimenti in infrastrutture o giacimenti gas”, aggiungono, rilevando che “la proliferazione di progetti oil&gas si frappone a una giusta transizione energetica del continente, come denunciato dalla società civile africana riunitasi a settembre a Nairobi, Kenya, per l’Africa Climate Summit”. È per queste ragioni che “oltre a chiedere l’immediata interruzione dei finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili a favore di soli investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico”, le organizzazioni “sollecitano il governo affinché si impegni per una riforma del sistema internazionale finanziario e a programmare il raggiungimento almeno dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo. Una riforma che ponga tutti i paesi in condizione di avere accesso a volumi di capitale adeguati per una transizione energetica a zero emissioni e per la resilienza delle economie contro i crescenti impatti climatici”.