“Lo sport non solo unisce le persone, ma rafforza la salute mentale e crea anche comprensione e apprezzamento reciproci. È un’occasione da non perdere; e le ricadute degli investimenti in questo ambito sono molto maggiori che in molti altri”: è un messaggio che arriva dalla Conferenza biennale sulla diversità dell’Accordo parziale allargato sullo sport (Epas) del Consiglio d’Europa, che si è svolta in Liechtenstein, Paese che detiene la presidenza del Comitato dei ministri dell’istituzione europea. Il tema dei lavori: “L’inclusione dei bambini migranti e rifugiati nello e attraverso lo sport”. I lavori hanno cercato, come dice una nota stampa, di “valutare lo stato attuale della situazione e a proporre una dinamica di cambiamento” e di esaminare “come il Consiglio d’Europa possa svolgere un ruolo significativo”. Tra le voci ascoltate, quelle di tre giovani rifugiati, Khalida Popal, Cyrille Tchatchet e Gerald Mballe, che hanno raccontato i loro viaggi di fuga dai Paesi d’origine (Afghanistan e Cameroun), e spiegato come lo sport abbia avuto un ruolo importante nelle loro vite, per l’integrazione nei Paesi ospitanti (Danimarca, Gran Bretagna, Italia). Ciò mostra l’importanza di “creare ambienti inclusivi e accoglienti in cui i bambini rifugiati e migranti possano accedere ai benefici dello sport e sperimentare un’integrazione positiva all’interno delle loro nuove comunità”, le parole di Marja Ruotanen, direttore generale per la Democrazia e la dignità umana del Consiglio d’Europa.