(da Verona) “I viaggi della morte di persone che hanno ancora davanti mesi o anni di vita e affetto sono inaccettabili. Ci sono situazioni nelle quali la sofferenza determina la necessità di cessare di infierire con cure che diventano inutili; bisogna applicare le terapie palliative fintanto che sono utili e accompagnare le persone verso quello che è il loro destino naturale”. Lo ha affermato questa mattina Angelo Luigi Vescovi, presidente del Comitato nazionale per la bioetica, nel videomessaggio trasmesso durante il panel “Aiutare a vivere o a morire? Dalla parte dei più fragili con assistenza domiciliare e cure palliative” nella seconda giornata della XIII edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa che si terrà fino al 26 novembre presso il Palaexpo Verona Fiere sul tema “Socialmente liberi”.
Secondo Vescovi, “un paziente dev’essere in grado di esprimere un parere sulle cure nel modo più sereno possibile. Un paziente in grave stato di sofferenza può addirittura, pur non pensando veramente di volerlo fare, chiedere di morire perché il livello di sofferenza è eccessivo. E anche se non è ad un livello così alto, la sofferenza influenza la nostra capacità di decidere, soprattutto su tematiche così complesse”. Vescovi ha sottolineato l’importanza di un “accesso equo alle cure” e di una “loro attivazione tempestiva”. L’auspicio è quello che “il paziente abbia delle informazioni le più complete possibile circa il percorso, l’accessibilità delle cure. Sia informato su tutto quello che gli permette di poter decidere in totale serenità”. “Al centro delle discussioni – ha osservato il presidente del Cnb – c’è l’essere umano, questo è l’elemento dirimente. Non il costo, non l’ideologia, non le nostre convinzioni. Ma l’essere umano, la sua sofferenza, la sua condizione”. “Dobbiamo fare lo sforzo per fornire ai pazienti, alle persone che soffrono, tutte le possibili opzioni”, la convinzione di Vescovi, secondo cui “non è accettabile sottoporre le persone ad un dolore infinito così come non è accettabile convincerle di terminare la propria vita perché tanto, comunque, non c’è più speranza o, ancora peggio, perché sono sottoposte a sofferenze terribili che noi non siamo in grado di lenire. Questa forma di nichilismo è inaccettabile”.