Myanmar: mons. Kung (Hakha), “la guerra è un suicidio politico”, “tutte le parti ne escono sconfitte”

“La guerra è un suicidio politico”. È il “messaggio” arrivato oggi al Sir dal vescovo di Hakha, mons. Lucius Hre Kung, di rientro da una visita pastorale nelle aree più remote della sua diocesi “dove non c’è internet”. Riesce quindi a rispondere solo oggi alle parole pronunciate domenica scorsa da Papa Francesco che ha lanciato un appello per il Myanmar dove – ha detto – la popolazione “continua a soffrire a causa di violenze e soprusi”. “La violenza e i soprusi derivanti dai conflitti politici – racconta dal Myanmar il vescovo – gettano un’ombra oscura, lasciando le comunità fratturate e gli individui alle prese con il profondo impatto di tali disordini. In seguito a questi conflitti, le vite vengono sconvolte, le famiglie distrutte e il tessuto stesso della società messo a dura prova”. Ad Hakha che è la capitale dello Stato Chin, “le nostre chiese non sono state distrutte” ma durante l’operazione militare alcune sono state distrutte in diversi luoghi. “Dopo l’invasione della Russia in Ucraina e la guerra a Gaza si dice e si sente che il Myanmar è stato dimenticato dai leader mondiali e dalle organizzazioni umanitarie”, testimonia il vescovo Kung. “Solo Papa Francesco dimostra di essere un rappresentante del Padre Celeste ricco di misericordia”. Ma la situazione del Paese è drammatica. “La popolazione colpita ha bisogno di cibo, alloggio, assistenza medica e istruzione per i giovani. Le persone necessitano di supporto psicosociale, anche le infrastrutture devono essere risistemate per poter fornire servizi di base, ripristinare un senso di normalità e fornire servizi essenziali. In questo tempo di conflitto, occorre mettere in atto la promozione di iniziative di costruzione della pace, il sostegno ai mezzi di sussistenza e la cooperazione internazionale e la diplomazia”. La voce del Papa è importante, osserva il vescovo birmano. “Chiedo che sia ascoltata. Lo chiedo a nome del popolo, per la pace e la riconciliazione del Paese”. “La guerra sempre, sempre, sempre è una sconfitta”, ha detto Francesco all’Angelus di domenica. “È vero al cento per cento”, risponde il vescovo. “Oggi è con i nostri occhi che testimoniamo quanto affermato dal Santo Padre. Le conseguenze durature della guerra, che influiscono non solo sugli obiettivi immediati ma anche sulla stabilità e sul benessere a lungo termine, sottolineano l’idea che entrambe le parti ne escono sconfitte. La guerra, a mio avviso, è un suicidio politico”.
Era il 1° febbraio 2021, quando l’esercito del Myanmar, chiamato Tatmadaw, ha imposto un cambio di regime nel Paese. Gli ultimi due anni nel Myanmar sono stati caratterizzati da una ferma repressione da parte dell’esercito di ogni forma di protesta, procedendo con arresti, torture e uccisioni su una base del tutto arbitraria, sino ad arrivare ad attacchi terrestri e aerei sulla popolazione civile. Amnesty International ha contato circa 3.000 vittime in questi due anni di agitazioni, oltre ad aver stimato che le persone in stato di detenzione sono 13.000 e che si possa parlare di circa 1 milione e mezzo di sfollati.

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