“Ci siamo accorti di essere un organo di silenzio e di parola poco allenato sia ad ascoltare che a parlare, un organo che ha sempre bisogno di esercizio e di correzione, cioè di conversione”. Lo ha detto padre Mauro Lepori, abate generale dell’Ordine cistercense e membro del Consiglio esecutivo dell’Usg (Unione superiori generali), nell’intervento alla 100ª assemblea dell’Usg in forma congiunta con l’Uisg (Unione internazionale superiore generali). “Vivere il Sinodo comporta un certo sentimento di insicurezza, come se si camminasse su un ponte di corde che dondola e a volte sembra che si possa rompere. A volte, è come se si avanzasse nella nebbia. Allora cresce un bisogno di essere confermati, confermati da Pietro e dalla fede che va sempre approfondita”, ha proseguito l’abate: “C’è tanta materia, anche nelle discussioni ecclesiali, che non è destinata ad essere il frutto del Sinodo, e neppure ad essere seme o pianta che cresce, ma che non va buttata via, perché è buon concime. Forse, per accogliere il seme buono e per farlo germinare, sarà più utile il marcire di questa materia, di questi contenuti, che la pretesa che essi siano già un frutto fresco e maturo”. “La Chiesa rimarrà sinodale anche dopo questo Sinodo. Il contenuto più importante del Sinodo – ha concluso padre Lepori – è la sinodalità stessa. E la Chiesa ci rende un solo popolo con tutti”.