“Esistono delle categorie sociologiche che si articolano sull’accoglienza come pure delle categorie teologiche: entrambe svelano la maturità della persona e il suo desiderio di condividere il percorso terreno non come una monade chiusa in se stessa ma come una persona in cui vibra il desiderio di condivisione”. Lo ha detto suor Cristiana Dobner, monaca carmelitana, nel suo intervento sull'”accoglienza e nella tradizione e nella cultura ebraica, cattolica e islamica” all’Università della Svizzera italiana di Lugano, in cui ha presentato due “tavole”. “La prima tavola è quella umana, legata alla persona con le sue caratteristiche dovute alla nascita, all’educazione ricevuta, all’autoeducazione e al suo programma di vita. La seconda tavola se si innesta nella prima e la fa propria, vi introduce la Parola rivelata dall’Altissimo e per i credenti cristiani incarnata nello stesso Gesù Cristo”.
La prima tavola si articola nel “riconoscere la presenza dell’altro da me” e nell’”ascolto dell’altro”. E poi nell’empatia e nella cura. “Cura e accoglienza di conseguenza si ritrovano molto prossime con l’attenzione posta sullo sguardo, sul farsi prossimo, sul sentire, non in astratto nel vivo e vitale relazionarsi quotidiano del fare”. “Quindi cura di noi stessi, cura delle relazioni, in concreto il vivere quotidiano, nella polisemia del termine e nella polisemia del vivere. Apprendere a pensare con il cuore con e insieme agli altri”. Nell’ambito della seconda tavola, la religiosa ha ricordato come “nel Secondo Testamento, Gesù è il modello dell’accoglienza: Egli si è fatto ospite degli uomini ed invita tutti ad essere ospiti nella casa del Padre”. Suor Dobner ha quindi ricordato l’intervento di Ludwig Monti in cattedrale, a Forlì, in occasione della Giornata della Carità 2016. (“È ormai evidente a chiunque sia dotato di un minimo di intelligenza e di sensibilità che sulla capacità di accoglienza si gioca la nostra condizione di esseri umani o, al contrario, il nostro scivolare sempre più in quella barbarie bestiale che vediamo affiorare qua e là, e che purtroppo fa sempre notizia”). “Solo così si combatte, concretamente e silenziosamente, l’indifferenza e la globalizzazione dell’indifferenza”, ha aggiunto la religiosa.