“Il dolore delle vittime degli abusi è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto, messo a tacere”. A denunciarlo è stato il il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’omelia della messa celebrata oggi nella basilica di San Pietro, a conclusione del primo incontro nazionale dei referenti territoriali del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili e nella terza Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”, ha detto Zuppi citando le parole di Benedetto XVI e mettendo in guardia da atteggiamenti come “la superficialità e la mediocrità” di fronte a “chi cerca giustizia, chi è vittima di abusi e si sente prigioniero di una violenza tanto più grande di lui”. No, quindi, alla “tentazione di abituarsi al male, di pensare che sia troppo difficile da contrastare, di non distinguerlo, di assuefarsi alla sua logica”. “Frutto del male – ha spiegato infatti il presidente della Cei – è minimizzarne le conseguenze, facendo finta che non ci siano, ma anche il contrario: vedere il male ovunque, pieni di sospetto e di diffidenza, tanto che non si sa più vedere il bello e il bene”. L’atteggiamento da contrastare, per Zuppi, “è l’indifferenza, il far cadere nel vuoto” gli appelli delle vittime, “non ascoltare nel senso vero, non farsi ferire dalle parole rivolte a noi”. “È molto facile far passare i poveri come colpevoli”, ha fatto notare il cardinale stigmatizzando “l’impassibilità dei giudici o l’impermeabilità di chi ascolta e li fa sentire colpevoli di eccesso”. “Avversario – ha proseguito il porporato – è chi ne viola la dignità, fa vedere tutto sporco, spegne la bellezza delle relazioni fraterne e amicali”. Il Signore, invece, “non resta impassibile, facendo finta di non sentire”, ha ricordato Zuppi: “Dobbiamo aiutare Dio a far sentire quel grido, a volte silenzioso nella sofferenza che spesso non si sa neanche spiegare”. “Vi ringrazio per il servizio così importante del vostro ascolto” l’omaggio ai presenti: “La fede è credere nella guarigione, di sconfiggere l’avversario, di non avere paura”. “La fede non è mai fatalismo e inerzia. Vuole che il grido di chi implora la guarigione venga ascoltato e che il bene rubato dal male venga restituito”. “Preghiamo perché quanti sono vittime di abusi ottengano giustizia e misericordia: che il grido di tutte le vittime sia ascoltato e che siano sempre difese”, l’invocazione finale.