“Escatologia e storia non si contrappongono, ma l’una esige l’altra, dando significato alla nostra apertura all’irruzione della grazia come al contempo al nostro impegno storico”. Lo ha detto, stamattina, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nella messa celebrata nella basilica di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi, nell’ultima giornata dell’Assemblea generale straordinaria della Cei.
“Anche in questa prospettiva incrociamo il nostro presente ecclesiale, sollecitato a una ricomprensione della missione della Chiesa che ci permetta di essere presenti al nostro tempo ma che non ne nasconda la relatività, essendo la missione figlia di una Chiesa sempre in cammino verso l’incontro con il suo Signore”, ha affermato il porporato.
Come attestano la Compilazione di Assisi e lo Specchio di perfezione (cfr. Fonti Francescane, nn. 1614-1615 e 1799), ha aggiunto, “la rivelazione a Francesco della certezza del Regno è all’origine del Cantico di Frate Sole, il canto che egli consegna ai frati come testo da recitare e cantare prima di iniziare la predicazione del Vangelo per ‘sollevare il cuore degli uomini e condurlo alla gioia spirituale’ (Ivi, n. 1799)”. Ma “la parola di Gesù ci avverte anche che la sua manifestazione gloriosa alla fine dei tempi deve essere preceduta dalla sua immersione nel mistero della sofferenza: ‘Come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione’ (Lc 17,24-25)”.
Il cardinale ha osservato: “La logica della croce indirizza la vita di Gesù, ma anche quella della Chiesa: la gloria suppone la prova. Le nostre progettualità pastorali, il nostro servizio al mondo non possono prescindere dalla consapevolezza che il segno dell’autenticità non sarà mai l’efficacia e il successo, secondo obiettivi alla fine umani, bensì accettare il rifiuto da parte del mondo e condividere le croci degli uomini”.
E ha concluso: “Accettando questo orizzonte di umiliazione ed umiltà, a cui invita anche la memoria di San Francesco in questo luogo, saremo davvero sapienti, di quella Sapienza che ‘pur rimanendo in sé stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti’ (Sap 7,27)”.