I caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace sono come le vergini sagge del Vangelo quelle che “sperano, quelle che hanno preso ‘l’olio per la lampada’. Sono, cioè, coloro che non hanno atteso in maniera passiva: si sono date da fare, hanno faticato per comperare l’olio, hanno cercato di custodirlo… hanno impegnato la loro vita in un ideale. E, così, nella notte, hanno riacceso la speranza di molti”. Così l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, ha descritto tutti i caduti delle missioni internazionali, durante la messa celebrata ieri nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli, in occasione della Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace che quest’anno coincide con il 20° anniversario della strage di Nassirya. “I nostri fratelli caduti hanno atteso così, assumendo i problemi degli altri, compromettendo la propria pace personale per costruire la pace, portando al mondo il tesoro di Cristo. Pertanto – ha aggiunto –, pur nel buio della loro assenza, noi possiamo sperare, voi familiari potete sperare; può sperare il mondo delle Istituzioni, il nostro Paese, l’umanità tutta”. “C’è qualcosa di sacro nelle morti che oggi ricordiamo – ha concluso mons. Marcianò – c’è il valore di una testimonianza che, come ‘testimone’, raccogliamo dai nostri cari caduti. Se qualcuno ha saputo vivere così, c’è ancora speranza che l’umanità non si autodistrugga. È la speranza della Risurrezione, speranza che oggi i nostri cari vogliono stimolare in noi. In una parola, la speranza del Paradiso”.