Ancora qualche ora di vita, minuti preziosissimi per i genitori che la adorano e che hanno sempre sostenuto che la piccola Indi Gregory risponde agli stimoli, piange, muove braccia e gambe e, benché disabile, ha diritto di vivere. Per l’ennesima volta, in questa estenuante battaglia legale per la famiglia della neonata di sette mesi, affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, alla quale i medici dell’ospedale Queen’s Medical di Nottingham vogliono staccare i supporti vitali, la giustizia britannica ha ceduto e concesso un appello. La sospensione dei trattamenti vitali, fissata per ieri pomeriggio, non c’è stata e oggi, alle 13 ora italiana, i genitori Dean Gregory, 37 anni, e Claire Staniforth, 35 anni, tornano in tribunale dallo stesso giudice, Robert Peel, che tante volte ha autorizzato i medici a procedere. Questa volta, però, la vicenda potrebbe avere una svolta positiva e la bambina potrebbe raggiungere l’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, disposto ad accoglierla. A battersi perché ad Indi venga concesso di vivere è il governo del nostro Paese che ha concesso alla bambina la cittadinanza italiana. Il console italiano a Manchester Matteo Corradini, poi, nella sua funzione di giudice tutelare per Indi, si è appellato alla Convenzione dell’Aja del 1996 sulla cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e protezione dei minori e chiesto all’Alta Corte britannica di trasferire la giurisdizione del caso dal Regno Unito all’Italia.