“Alla radice dei conflitti c’è sempre qualche ingratitudine e i pensieri avidi, possedere presto le cose”. Lo ha spiegato il Papa durante l’Angelus di ieri in piazza San Pietro, al quale – secondo la Gendarmeria vaticana – hanno partecipato circa 25mila persone. “L’ingratitudine alimenta l’avidità e cresce un progressivo senso di ribellione, che porta a vedere la realtà in modo distorto, a sentirsi in credito anziché in debito”, ha spiegato Francesco, secondo il quale “questo processo tante volte succede nel cuore della gente, persino nel nostro cuore”. “Con questa parabola, Gesù ci ricorda cosa succede quando l’uomo si illude di farsi da sé e dimentica la gratitudine, dimentica la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla grazia di Dio, che il bene viene dal suo dono gratuito”, ha detto Francesco sulla scorta del brano evangelico: “Quando si scorda questo, la gratuità di Dio, si finisce col vivere la propria condizione e il proprio limite non più con la gioia di sentirsi amati e salvati, ma con la triste illusione di non aver bisogno né di amore, né di salvezza. Si smette di lasciarsi voler bene e ci si ritrova prigionieri della propria avidità, prigionieri del bisogno di avere qualcosa in più degli altri, del voler emergere sugli altri. È brutto, questo processo, e tante volte succede a noi. Pensiamoci sul serio. Da qui provengono tante insoddisfazioni e recriminazioni, tante incomprensioni e tante invidie; e, spinti dal rancore, si può precipitare nel vortice della violenza”. “L’ingratitudine genera violenza, ci toglie la pace e ci fa sentire e parlare urlando, senza pace, mentre un semplice ‘grazie’ può riportare la pace!”, ha esclamato il Papa: “Chiediamoci allora: io mi rendo conto di aver ricevuto in dono la vita e la fede? Mi rendo conto di essere io stesso, io stessa, un dono? Credo che tutto comincia dalla grazia del Signore? Comprendo di esserne beneficiato senza meriti, amato e salvato gratuitamente? E soprattutto, in risposta alla grazia, so dire ‘grazie’? Le tre parole che sono il segreto della convivenza umana: grazie, permesso, perdono”.