Guatemala: appello del card. Ramazzini dopo l’attacco al Tribunale elettorale e una settimana di manifestazioni. “Garantire ordine democratico e costituzionale, rispettare la decisione popolare”

“Ristabilire e garantire l’ordine democratico e costituzionale del Paese, a rispettare la decisione popolare nel processo elettorale, garantendo il bene comune come principio fondamentale di un processo democratico, davanti a una popolazione libera, sovrana e indipendente”. È l’appello rivolto in una nota dal card. Álvaro Ramazzini, vescovo di Huehuetenango, che interviene così sulla delicatissima situazione politica del Guatemala, dove la Procura speciale contro l’impunità (Feci), come è noto, ha fatto irruzione nella sede del Tribunale elettorale supremo del Guatemala e sequestrato i verbali delle elezioni tenutesi il 25 giugno e il 20 agosto. Proprio per questo, da una settimana è in atto uno “sciopero a oltranza”, con manifestazioni e blocchi stradali che si susseguono in tutto il Paese.
Il card. Ramazzini esprime la sua insoddisfazione per il silenzio del presidente della Repubblica, Alejandro Giammattei, al quale ha chiesto di “fare una dichiarazione responsabile” ai guatemaltechi di fronte a questi eventi, e di “rimuovere dall’incarico, o nel suo caso chiedere le dimissioni, della Procuratrice generale Consuelo Porras, del capo della Procura speciale contro l’Impunità (Feci), Rafael Curruchiche e del giudice Fredy Orellana. Una decisione che favorirà il bene comune della Repubblica del Guatemala”. Inoltre, il porporato denuncia che la Corte Costituzionale “contraddice lo stato di diritto costituzionale”, concedendo “diritti e garanzie fondamentali per violare la supremazia costituzionale in Guatemala”.
Di fronte a tutto questo, “come cercatori del bene comune, desideriamo trovare una soluzione a questo disordine costituzionale che si è forgiato nella ricerca del potere, nell’aumento del traffico di droga, nel crimine organizzato, nel radicamento della corruzione, nell’indolenza dei cittadini e, infine, in un colpo di Stato”.
Il card Ramazzini, infine, invita i diversi organismi e settori sociali che “si sono espressi contro gli abusi subiti dal Paese” a mantenere “la fermezza di realizzare manifestazioni in modo pubblico e pacifico, evitando a tutti i costi di trasformare la lotta in qualcosa di violento e di non polarizzare uno scontro tra civili e Stato”. E offre la disponibilità a favorire un tavolo di negoziato, che veda tra i protagonisti la Presidenza della Repubblica, gli indigeni e i rappresentanti della società civile, con la Conferenza episcopale e l’Onu nel ruolo di mediatori.

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