“La vita va avanti, la vita deve andare avanti. Noi non ci pieghiamo al terrore, assolutamente. Il terrore vuole proprio questo, l’interruzione e la paura. Non lo possiamo permettere. Per questo continuiamo a vivere e non chiudiamo le sinagoghe. La vita è la cosa più importante. È chiaro che non dipende solo dalla nostra volontà. Dipende anche da quanto lo capiscono gli altri paesi e nei contesti internazionali. Dal diritto di Israele a vivere, a sopravvivere, a resistere alla minaccia”. Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche in Italia (Ucei), risponde così al Sir che l’ha contattata per fare il punto sull’allerta scattata anche in Italia attorno alle sinagoghe e ai centri ebraici mentre in Israele infuria la guerra. Ieri le comunità ebraiche celebravano l’ottavo giorno di Sukkoth che prende anche il nome di Simchat Torah, la gioia della Torah. “C’è stata l’allerta di una minaccia precisa e mirata a tutte le comunità”, conferma Di Segni, “e quindi c’è un incremento di tutto quello che possono essere i presidi di sicurezza interni delle forze dell’ordine”. “Dobbiamo ovviamente attenerci alle regole scrupolose di attenzione”, spiega la presidente. “Ma la vita continua perché deve continuare ed è giusto che le sinagoghe siano rimaste aperte durante il sabato e ieri per la festività. Ovviamente con una maggiore attenzione. Questo vale per tutta l’Italia”. Non si sono registrati episodi particolari. “È andata molto bene”, dice a questo proposito Di Segni che per questo ringrazia “tutte le forze dell’ordine perché non è scontato e se le cose vanno bene è perché c’è sempre qualcuno dietro che le fa andare così. Tanti volontari e tanta professionalità”. Noemi Di Segni dà poi voce ai sentimenti che si registrano nelle comunità. “Siamo sconvolti, scioccati. Siamo devastati, sfiniti dalle immagini che vediamo. Uno shock totale, per tutti i massacri perpetrati ai civili e per tutti i civili deportati a Gaza. Abbiamo visto cose orribili, decine e decine di neonati, ragazzi donne e anziani, usati come scudi e trofei umani. Terrificante. Ma c’è anche il sentimento di arginare l’isolamento di Israele, di affermare la legittimazione di Israele di potersi difendere, di capire con chi si ha a che fare. È fondamentale che il mondo capisca con chi abbiamo a che fare e appoggi il pieno diritto d’Israele di difendersi in una situazione di guerra. A tutti i livelli, senza te e senza ma”.