Naufragio di Lampedusa: 10 anni dopo parla il medico Pietro Bartolo. “Nel Mediterraneo sta accadendo un genocidio”. Richiamo alle responsabilità della politica

Foto Calvarese/SIR

(Strasburgo) Pietro Bartolo, ora divenuto eurodeputato, è impegnato fra Strasburgo e Bruxelles, per realizzare il nuovo “Patto su asilo e migrazione”, al quale si lavora da tempo nelle sedi europee, con forti resistenze da parte degli Stati membri. “Quello recente, proposto dalla Von der Leyen”, dice Bartolo, “io lo definisco un ‘pacco’ sulla migrazione, addirittura peggiorativo dell’Accordo di Dublino”. La risoluzione adottata da tempo dal Parlamento europeo, proposta ai governi dei 27, “è un compromesso, ma almeno è rispettoso dei diritti umani, rispettoso degli accordi internazionali”. L’eurodeputato denuncia i respingimenti (nel Mediterraneo, in Croazia, a Ceuta e Melilla, in Bielorussia…), contrari proprio al diritto internazionale. “Io spero che si possa arrivare a comprendere che il fenomeno migratorio non è emergenziale ma strutturale. E non funziona una risposta che prevede solo respingimenti, rimpatri, accordi con Paesi governati da dittatori. Non funzionano i muri né i fili spinati”: chi emigra, sapendo dei rischi da affrontare, non può essere fermato, perché “non ha alternative”. Bartolo ha percorso tutte le rotte migratorie che portano in Europa: “ci sono stato per capire cosa succede”. Poi sul volto del medico si riaffacciano le lacrime: “io sono di Lampedusa, quell’isola mi ha dato tutto. E se penso che è diventato un cimitero” in mezzo al mare, “con 50mila morti… Invece il mare dev’essere vita, un ponte, non un cimitero”. Da qui un elogio ai suoi conterranei, “un popolo straordinario i lampedusani, che da trent’anni accolgono le persone, senza lamentarsi, aprendo i porti e le porte”.
Infine Bartolo torna a invocare una risposta politica alle migrazioni, “che sia rispettosa dei diritti umani, perché stiamo parlando di persone, non di numeri. Se l’Europa è stata giustamente capace di accogliere 5 milioni di ucraini”, allo stesso modo possono essere accolte “alcune migliaia” di persone che giungono da Africa e Medio Oriente. “L’Europa si fonda sui grandi valori fissati dai padri fondatori: stato di diritto, diritti umani, accoglienza, solidarietà”, valori iscritti nei trattati. La soluzione va trovata lì, “per evitare ciò che sta accadendo nel Mediterraneo: un genocidio. Eppure tutto questo deve finire. E finirà”. “Occorre cambiare paradigma, Non ci sono confini da difendere, come se fossimo in guerra. Dobbiamo ritrovare il senso di umanità, che abbiamo perso, un po’ di compassione, perché se queste persone scappano, lo fanno perché ci sono povertà, violenze, cambiamenti climatici. E lì ci sono anche nostre responsabilità. Se queste persone muoiono è anche nostra responsabilità”. In Europa i migranti “dovrebbero arrivare tramite canali regolari, mediante corridoi umanitari. Stiamo parlando di ‘cristiani’, come diciamo in siciliano: non in senso religioso, ma umano. Esseri umani. Donne, bambini, uomini, intere famiglie”. “I confini vanno controllati, ovviamente, per contrastare il traffico di droga, di armi, per il terrorismo”, senza dimenticare però i diritti umani. Bartolo richiama ancora il rispetto dei valori costitutivi dell’Europa e quelli rappresentati dalla Costituzione italiana. Quindi contesta i Cpr (“sono delle carceri, dove si finisce senza aver commesso alcun reato” e che possono essere evitati “pagando – quello sì – un pizzo di Stato”). Pietro Bartolo riprende il cammino. Oggi al Parlamento europeo di Strasburgo è prevista una commemorazione ufficiale del naufragio di dieci anni or sono, con un discorso in emiciclo della presidente, maltese, Roberta Metsola, cui segue un dibattito in plenaria.

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