“È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società”. Lo ha denunciato il Papa, nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di San Pietro a conclusione della prima tappa del Sinodo sulla sinodalità. “Penso a quanti sono vittime delle atrocità della guerra”, l’elenco di Francesco: “alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle”. “Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo”, ha detto il Papa: “Dio al primo posto e insieme a lui coloro che egli predilige, i poveri e i deboli. Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”. Poi la citazione di San Giovanni Crisostomo: “L’uomo misericordioso è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano, il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura”.