Tra i membri votanti al Sinodo, 55 su 291 non ritengono che il celibato sacerdotale sia una questione da affrontare. È quanto risulta dalla Relazione di sintesi della prima fase del Sinodo sulla sinodalità. “Tutti ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo”, si legge nel testo: “Alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”. Nella prospettiva della formazione di tutti i battezzati per una Chiesa sinodale, quella di diaconi e preti richiede “particolare attenzione”, si legge ancora nel documento, in cui si ricorda che “nelle Chiese latine il diaconato permanente è stato attuato in modi diversi nei vari contesti ecclesiali. Alcune Chiese locali non l’hanno introdotto affatto; in altre, si teme che i diaconi vengano percepiti come una sorta di rimedio alla carenza di preti. Talvolta la loro ministerialità si esprime nella liturgia piuttosto che nel servizio ai poveri e bisognosi della comunità”. Di qui la necessità di “effettuare una valutazione sull’attuazione del ministero diaconale dopo il Concilio Vaticano II”.