“Don Achille è stata una figura che ha svolto un ruolo di rilievo nella Chiesa e per la Chiesa, accanto a ben sette Pontefici, vivendo momenti particolarmente densi di significato per la vita ecclesiale e per le stagioni della storia, anche quelle che hanno coinvolto e visto protagonista la Santa Sede sulla scena internazionale”. È il ritratto del card. Achille Silvestrini tracciato dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, durante l’evento ““Il Card. Achille Silvestrini, uomo del dialogo”, svoltosi oggi nella Sala della Protomoteca in Campidoglio. “Il suo operare partiva dal riconoscere che l’attività diplomatica è per sua natura attenta ad ogni aspetto e pertanto richiede ai suoi protagonisti capacità di lettura dei fatti e non solo la conoscenza degli avvenimenti; domanda discrezione ma anche decisioni chiare e abilità nel prevederne conseguenze ed effetti”, ha proseguito il cardinale, secondo il quale “questo è il terreno sul quale questa singolare personalità ecclesiastica ha potuto offrire il suo apporto, mostrare il suo intuito e agire per il bene, con ferma volontà, anche di fronte alle difficoltà e ai travagli sempre presenti quando nell’operare si è chiamati a decidere. E questo anche di fronte a quelle mete che apparivano irraggiungibili ai più o che non trovavano condivisione e apprezzamento”.
“La complessità del lavoro che quotidianamente ho modo di svolgere mi fa pensare con ammirazione all’impegno, per molti versi più arduo, al quale dovette attendere don Achille in tempi che non mancavano di travagli e difficoltà”, ha rivelato il Segretario di Stato vaticano: “Tuttavia, a ben leggere le vicende di quel periodo, si vede con chiarezza, ancora una volta, come sia veramente Dio a condurre le persone perché facciano la storia”. “Il cardinale Silvestrini è stato un artefice dello spirito di Helsinki e dell’apporto ad esso dato dalla Santa Sede”, ha sottolineato il porporato ripercorrendone la biografia: “ Un protagonista concreto e stimato che nell’impegno profuso ha interpretato la diplomazia come strumento per coniugare le attese dell’anima con quelle della realtà degli uomini, scorgendo nella CSCE un’azione capace di colmare la spaccatura che divideva le due Europe, ma anche sulla base “delle comuni radici cristiane” di realizzare un incontro e una reale unità del Continente. Oggi, dopo quarantotto anni, possiamo dire che, se visto nella prospettiva specifica della ostpolitik quello di Silvestrini è un contributo disinteressato, ma profondo; vincolato al concreto e cioè alla causa della persona umana, dei suoi diritti e delle sue libertà, privilegiando ogni elemento capace di costruire la piena unità tra il cittadino e il credente. Egli fu certo uno stimato diplomatico che negli annali della storia ecclesiastica resta soprattutto un vero servitore del Successore di Pietro e un ecclesiastico animato da fede autentica e da una profonda vita interiore. Così amiamo ricordarlo a 100 anni dalla sua nascita”.