“Vogliamo solo pace. Abbiamo avuto sei guerre a Gaza. I bambini conoscono solo la guerra. Restare occupati e aiutare gli altri è il modo migliore per affrontare la devastazione”. Lo ha detto suor Nabila Saleh, delle Suore del Rosario di Gerusalemme ad Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) durante una conversazione telefonica nella quale ha fatto il punto sulla situazione a Gaza e nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia dove sono accolti oltre 700 sfollati cristiani. Insieme ad altre sei religiose e a un sacerdote cattolico, il vicario parrocchiale Yusuf Asad, suor Nabila sta lavorando per sostenere la comunità nonostante la situazione umanitaria a Gaza sia drammatica. La comunità della parrocchia della Sacra Famiglia attualmente non dispone di elettricità né di acqua corrente. Hanno fatto ricorso all’acqua del pozzo per bere – anche se temono che possa seccarsi da un momento all’altro – e l’acqua minerale che acquistano costa tre volte il prezzo ordinario. L’apertura del confine con l’Egitto ha portato un barlume di speranza per gli aiuti, ma suor Nabila e la comunità cristiana sono incerte circa la possibilità che gli aiuti tanto necessari raggiungano la regione settentrionale. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, le recenti consegne di aiuti, consistenti in circa 20 camion al giorno, sono considerate solo una goccia nell’oceano. Ciò è lungi dall’essere sufficiente, poiché il Ministero necessiterebbe urgentemente di 500 camion al giorno per far fronte al significativo esaurimento delle forniture mediche essenziali. Nella parrocchia sono arrivati anche cristiani rimasti feriti nel bombardamento del complesso greco-ortodosso. Tra le vittime di questo raid israeliano figurano un’insegnante della scuola di suor Nabila, tutta la sua famiglia e altri bambini che stavano frequentando la catechesi parrocchiale.